lunedì 28 dicembre 2015

A casa o in discoteca?

Ok, eccoci qua.
Veniamo dall'ennesimo anno in cui le classifiche escono un mese prima della fine dell'anno perché vogliamo avere un ruolo nei regali di natale invece che nella ricerca della buona musica, e questa tendenza è così radicata che neanche il disco di D'Angelo dell'anno scorso l'ha scalfita. Poveri noi.
Entriamo nel vivo, però.
Come strutturerò la classifica quest'anno? Come vi avevo spoilerato con questo post, per me nel 2015 ci sono stati diversi dischi eccezionali, non di quelli che semplicemente vanno alla numero 1 della classifica di fine anno, ma di quelli che ti ricordi anche tra 20/30 anni. Quindi facciamo così: in primis vanno questi sette dischi qui (in ordine puramente alfabetico, non ci sono preferenze), poi ci metto un disco "di transizione", un disco che mi è piaciuto in una maniera malsana e che è meglio di quelli che vengono dopo ma, ahimé, non all'altezza dei magnifici sette, e poi dopo vado con tre top five: pop, elettronica e italiani. Sì, quest'anno ho ascoltato parecchi italiani. Starò invecchiando, boh.
'Nnamo, va'.

THE MAGNIFICENT 7

Godspeed You! Black Emperor - 'Asunder, Sweet and Other Distress'
Questa volta non hanno fatto un disco solo "buono". Questa volta hanno fatto un disco incredibile. Due tracce superbe e un contorno di drone da acquolina. Ne voglio ancora.
Piss Crowns Are Trembled è un patrimonio dell'umanità. E pensate che c'è gente che non li ascolta. E pensate, addirittura, che c'è gente che non li ascolta solo perché "le canzoni durano troppo, dai". Criminali.

Joanna Newsom - Divers
Quando si è saputo che sarebbe uscito, ero contento e lo aspettavo, ma non ero entusiasta alla follia. D'altronde, dopo Have One on Me che cosa poteva più fare? Il massimo l'aveva già dato. Poi ci fa ascoltare, dall'alto della sua bontà, Sapokanikan (tra l'altro alla regia del video c'è Paul Thomas Anderson, mica l'ultimo merdoso), e allora eccolo lì l'entusiasmo, ecco dov'era andato a finire. Il disco è diverso dagli altri, è più scarno, con più strumenti tradizionali, ma le canzoni sono mostruose. E Sapokanikan, con quell'impennata dopo la metà, non è neanche la canzone migliore. Aliena.

Kamasi Washington - The Epic
Titolo programmatico. Il post sul suo concerto è sopra. La qualità è non solo altissima, ma è anche tantissima. Kamasi, non avere pietà di noi.
Piccolo aneddoto. Ricordo che lui lo scoprii perché FlyLo aveva tweetato il "primo singolo", Re Run Home, tipo uno o due mesi prima che l'album uscisse. Scaricai la traccia, e la prima reazione alla durata di 14 minuti fu "cacchio, una roba jazz di 14 minuti sarà tosta", sperando che fosse magari una cosa tipo i Bohren & der Club of Gore che la giustificasse, ma la vedevo difficile visto il negrone con sax in copertina. Metto play, e l'ultima cosa che ricordo è il pensiero alla fine "ma già è finita?".

Kendrick Lamar - To Pimp a Butterfly
Se avessi messo questi dischi in ordine di preferenza, questo forse sarebbe stato primo. È un disco epocale. È un disco hip hop tipico di artisti hip hop che non hanno tutto questo successo. È anarchico, è incredibilmente impegnato, è denso, è lunghissimo, è ustionante, è eccezionale. Kendrick Lamar è un mostro. Non sarò americano, ma se qualcuno vi dovesse dire che il miglior rapper al mondo in questo momento non è lui, non credetegli. Oh poi chiaro, questo non è un disco SOLO per chi ascolta hip hop, anzi. Fun fact: ci ha lavorato il Kamasi Washington di cui sopra, quindi fatelo vostro.

Oneohtrix Point Never - Garden of Delete
Partendo dal presupposto che lui deve essere un malato di mente, se avete ascoltato i suoi dischi precedenti, potrete essere d'accordo nel dire che questo è il suo disco pop, facendo con le mani il gesto delle virgolette tutte le volte che volete. Sarà per questo motivo, ma, mentre i dischi precedenti non mi appassionavano, non mi prendevano (pur riconoscendone il valore), questo invece mi piace un casino.

Sufjan Stevens - Carrie & Lowell
Di un'intimità straziante, di una raffinatezza straordinaria. Ma l'ultima non dovrebbe sorprendere più di tanto, visto il nome sulla copertina. Fa quasi male ascoltare un disco con testi così personali, ma la durata breve, brevissima, rende tutto non solo accettabile, ma adorabile. Nel senso che questo disco potrebbe essere tranquillamente un oggetto di culto, per quant'è bello.

Tame Impala - Currents
Non trovo tante parole: un cambiamento di suono così radicale non dovrebbe portare risultati così alti. Sinceramente mi frega abbastanza poco dei risvolti autobiografici dei testi di Kevin Parker, quando riesce a creare un suono del genere. Ripeto: non trovo tante parole.

La transizione è affidata a

George Fitzgerald - Fading Love
Avete presente quell'elettronica particolare molto "emozionale" e molto poco "robotica"? Per capirci, i vari Nicolas Jaar, Jon Hopkins, quelli lì? Capito? Bene, lui ci rientra a pieno. O almeno, ci rientra per me. Aggiungeteci della gente che canta (con moderazione), e avete un disco che ho veramente amato e che non penso metterò via molto presto.

Ok, andiamo con le tre top five. Prima il pop.

Courtney Barnett - Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit
La cosa stupefacente è che sia un disco d'esordio. È rock spensierato fatto in maniera invidiabile da una ragazzetta al primo disco, quando molt(issim)a gente ben più blasonata e celebrata non ci riesce dopo anni di carriera. Per l'approccio e per, come posso dire, l'atmosfera delle canzoni (non è il termine giusto, ma passatemelo), all'inizio pensi "ullalà, lei è i nuovi Pavement", poi al secondo ascolto pensi "oh cazzo, i Blur". Poi dal terzo ascolto pensi solo al fatto che questo disco sarà meglio averlo originale, se si vuol essere al passo coi tempi. Anche perché la copertina sarà anche bruttarella, ma il titolo è da standing ovation.

Julia Holters - Have You in My Wilderness
Ecco, lei è quella che pensavo avrebbe sostituito Joanna tutta panna nelle mie grazie. Have You in My Wilderness va da quelle parti, con archi, fiati e strumenti un po' desueti che non andranno a creare canzoni pop, ma che urlano "pop" ad ogni nota. È chiaro che non è Joanna, e ci mancherebbe altro, però un disco così non riesce se non hai qualcosa di speciale, e lei evidentemente questo qualcosa sa cos'è e lo usa davvero bene.

Beach House - Depression Cherry
Loro li conoscete. Hanno tirato fuori un discone. E io il vinile in velluto me lo comprerò, prima o poi.

Kurt Vile - b'lieve i'm goin down...
Vedi sopra. Tutti lo lodano e lungi da me criticarlo, ma i suoi dischi precedenti non mi avevano mai appassionato. Questo invece sì, ed è un bell'appassionarsi.

Chelsea Wolfe - Abyss
Non dico poliedrica, perché quello lo si riserva alla grande madre Polly Jean, però lei continua a variare le soluzioni rimanendo sempre nel suo territorio e, soprattutto, continuando a fare belle canzoni. Come faccia, francamente, non lo so. Però ne godiamo tutti.

Prima dell'elettronica, lode ai Wilco che non è meglio dei 5 qui sopra, ma è bello per davvero, ma bello bello. Ok, ora l'elettronica.

Jlin - Dark Energy
Boh, è solo davvero ma davvero bello.

Holly Herndon - Platform
Ecco, questo è un caso un po' diverso. Il disco fa anche muovere il culetto, a ben vedere, ma è glaciale. Algido. Lei è totalmente distaccata e il ballare con la sua musica è anche una sorta di sfida. Tant'è che prende anche per il culo i video ASMR con la traccia Lonely at the Top. Inavvicinabile. Ci sono molte persone che l'hanno giustamente definita (come succede ciclicamente, per altro) il pop del futuro. Da una parte darei loro ragione, dall'altra spero proprio che si sbaglino. Però nel frattempo ha tirato fuori un disco che non è avanti, è proprio fuori. Applausi, tra l'altro, alla 4AD per aver pubblicato una cosa simile.

Nick Höppner - Folk
Semplicemente un gran disco techno del 2015.

DJ Koze - DJ Kicks
Premesso che mi sono sorpreso anche quando ho visto per la prima volta la faccia di DJ Koze sulla copertina e ho scoperto che è anche apparentemente un bell'uomo, a me lui è sempre piaciuto. I dubbi su una sua resa live, soprattutto in un djset, però, erano palpabili, e a questi dubbi lui ha giustamente risposto rielaborando le tracce o prendendo rielaborazioni molto vicine al suo stile (tipo quella dei cLOUDDEAD rifatta dai Boards of Canada). E quindi eccoci qua, uno dei dischi dell'anno.

Jamie XX - In Colour
Questo disco ha soltanto un difetto: la canzone I Know There's Gonna Be (Good Times). Lo so che è stata fatta per completare la tavolozza del disco, e che tra l'altro è stata fatta estremamente bene. Però cristo santo, non la sopporto. Se non ci fosse stata, credo che il disco avrebbe avuto un'identità molto più precisa e sarebbe rimasto molto più in mente. Comunque ci sono canzoni che sono veramente portentose. Peccato per quella roba là.
Anche se "i'm gonna ride that pussy like a stroller" è obiettivamente poesia.

Va bene. Ora gli italiani. Non ne sono felice, credetemi. Lo snob che è in me sta piangendo e urlando preso da una disperazione incontrastabile.

Colapesce - Egomostro
Se dicessi che l'ho cominciato ad ascoltare per un motivo altro dal fatto che La distanza mi è piaciuto veramente tanto, sarei un bugiardo. Anche perché il farmi ascoltare un cantautore in un altro modo è un'impresa fantascientifica. Il problema è che Colapesce ha gusto, e ha ascolti colti abbastanza da fargli trovare quelle piccole soluzioni raffinatissime che quasi non ti sembra di ascoltare un italiano. I testi non mi fanno per nulla impazzire, però nessuno è perfetto, e d'altra parte il problema dei cantautori non è certo nei testi.

IOSONOUNCANE - Die
Pure questo tanto bene non deve stare. Comunque dai, di lui hanno parlato tutti, non c'è bisogno del mio spiegone.

Luminal - Acqua azzurra, Totò Riina
Desolanti come sempre, aggressivi come sempre. Una sicurezza. Che però non sei sicuro di volere.

Carmen Consoli - L'abitudine di tornare
E meno male che è tornata. Non sarà al suo meglio, siamo d'accordo, ma quando decide di scrivere lei dobbiamo stare tutti zitti. Mi fanno ridere i maledetti cantautori che vogliono raccontare storie e fare gli intellettuali con le chitarrine acustiche quando poi c'è lei che prende l'elettrica e ti scrive La signora del quinto piano.

Kaos - Coup de grace
Questa è pura preferenza personale momentanea nei confronti dei Verdena. I Verdena hanno fatto un bellissimo disco, anzi due. È solo che è un periodo che Kaos mi scomfinfera di più. Poi questo è quasi un EP, e io amo le cose brevi.

Avrei voluto mettere delle belle grafiche come quelle che misi l'anno scorso, ma Last.fm ha avuto la bella idea di cambiare versione e le API sono praticamente inutilizzabili. Quindi niente, metterò il 5x5, l'unica che pare essere ancora utilizzabile (qui la potete vedere in dimensioni giganti).


Nel 2016 prometto di cambiare il layout del blog, visto che si lamentano sempre tutti del fatto che finito di leggere un pippone hanno gli occhi annodati, e magari vedo di rimettere un'immagine di intestazione e di sembrare meno giudeo.
And that's pretty much all, folks!

domenica 13 dicembre 2015

Kamasi, da L.A. con furore

È da qualche g̶i̶o̶r̶n̶o̶ settimana che penso a che grande anno sia stato per me, musicalmente, il 2015. Lascio ai posteri i confronti con i vari 1967, '71 o '94, ma di dischi da ricordare per me ce ne sono stati tantissimi, anche di generi non per forza vicini ai gusti di tutti.
Pensateci: i Tame Impala hanno giocato quello che potrebbe essere il loro miglior disco; il disco di Sufjan Stevens è da considerare nella categoria per diritto di nascita, e comunque è eccezionale; stesso discorso per i GY!BE e Joanna, e nonostante non mi abbia mai appassionato, il discorso è valido anche per quel malato di mente di Oneohtrix Point Never; Kendrick Lamar potrebbe anche lui aver fatto il disco della vita, ma non mi sorprenderei se riuscisse anche a fare meglio di così. E poi c'è stato Kamasi Washington, che ha fatto una cosa anche più aliena di Garden of Delete: dati i passati e la psiche disturbata, da Lopatin una cosa così te l'aspetti. Ma chi ti tira fuori (e date peso ad ognuno dei complementi seguenti) all'esordio un disco triplo di tre ore di durata nel 2015?
E da qui deriva il concetto di "concerto dell'anno". Chiaro che ognuno ha il suo e ognuno ha il criterio per scegliere il suo. Io stesso solo quest'estate ho visto GY!BE, James Blake e Sun Kil Moon, concerti che variano da "bellissimo" a "esperienza mistica", ma ce ne sono alcuni che si inseriscono esattamente nel flusso dello zeitgeist e dire "ah sì, io c'ero, a quel concerto lì" ha tutto un altro valore.
E questo era il caso.
Non sono un frequentatore abituale di concerti jazz (anzi. Se ne vedo uno all'anno è grasso che cola), ma in un certo senso so cosa aspettarmi. Non avevo però considerato il fattore "furia". Perché è questo che si è percepito durante Change of the Guard all'apertura, o durante GLI assoli di batteria prima di The Magnificent 7, o durante il penultimo pezzo di cui non ricordo il titolo. Oddio, ad essere onesti il delirio c'è stato praticamente in ogni canzone, ma in questi tre casi hanno veramente esagerato. Addirittura anche in Henrietta Our Hero, e ci stava benissimo.
Nonostante tutto il casino di gente che c'era - cosa che mi ha lasciato molto sorpreso, visto il tipo di musica di cui si sta parlando - il buon Kamasi ha cercato in ogni modo di rendere il live più intimo possibile. Parlando frequentemente col pubblico, parlando della Henrietta del titolo della canzone (la nonna, per chi se lo stesse chiedendo), addirittura facendo la carrambata e portando sul palco suo padre - rivelatosi, senza alcuna sorpresa, un musicista coi controcoglioni (per riferimenti, quello col flauto nella prima foto). Oppure facendo un pezzo del suo bassista, una ballata superlenta iniziata in solitaria e a cui si sono aggiunti dopo un bel po' Kamasi e gli altri. Ma niente da fare. Se penso ad una cosa intima, non è questa la musica che mi viene in mente. Quando cominciavano a fare sul serio la gente sorrideva di gusto e gioiva, quindi non era proprio una cosa intima, era più che altro una festa. Addirittura ti ha fatto apprezzare un assolo di keytar, roba da pazzi. Ci fosse stato solo un palco più grande la cosa sarebbe potuta essere eccezionale anche dal punto di vista visivo ma vabbé, già stavamo stipati come sardine, non mi sembra il caso di fare troppo gli schizzinosi, diciamo che va bene così.
L'unica nota di disappunto è data dalla gestione del locale, che mi ha dovuto far perdere verosimilmente l'ultima canzone per prendere la metro, visto che hanno voluto far cominciare alle 11 un concerto di mercoledì. Bravi.
Ma ciò nonostante, è stata una gran serata.
E io c'ero.

mercoledì 25 novembre 2015

Youtuber italiani, perché? Perché?

Beh dai, pensavo fosse passato molto più tempo, invece neanche 3 mesi. Si potrebbe quasi dire che stia diventando prolifico. Ci fossero più pomeriggi liberi dall'università e questo stesso freddo e questa stessa voglia di non fare un cazzo e vedi come aumenterebbero i post. Ma giriamo questa pagina buia dell'internet.
Niente, volevo relegare questa cosa ad un tweet ma poi ho capito che non sarebbero bastate 2 o 3 semplici mie risposte, ed ho deciso di usare il blog; potrebbe uscirne un post abbastanza veloce, snello e pieno di lamentele.

Un tizio amerrecano (vai a capire chi) ha postato questo video alla fine di un tweet (vai a capire quale) e me lo sono visto, all'oscuro della durata.


È tuttavia necessaria una premessa. Tale premessa è che io odio profondamente gli youtuber. Tutti quelli che ho mai guardato mi sono risultati alla meglio noiosi, alla peggio repellenti. Ora, è anche vero che visti gli inizi non ho tutta questa cultura nell'ambito e non è che me li sia proprio girati tutti (pensate che ancora devo guardare The Lady, di cui tutti parlano come Il Secondo Avvento Di Cristo), però più o meno so quali sono i più famosi, i più visti e cose del genere. O quantomeno, so quali sono quelli che rispondono a queste caratteristiche e non sono gameplay in cui il tipo urla durante i videogiochi di paura (ma ci sono così tanti Silent Hill o ci sono solo molte più fighette con una webcam? A qualcun altro l'ardua sentenza).
Ora, io sarei il primo ad essere interessato ad un buon canale di recensioni di fumetti, o di film, o di serie tv, o di boh, cucine del mondo o qualcosa del genere. Perché poi gli unici canali che mi interesserebbero sarebbero cose di questo genere, onestamente. Però tutti quelli che ho girato hanno tutti le stesse caratteristiche, quasi copiate con la carta carbone.

In primis, l'incompetenza. Nel senso, non dico che tutti devono lanciarsi nella critica solo dopo 15 anni di letture eclettiche, attente e critiche per poter dare giudizi seri e ragionati, ma neanche lanciare giudizi quando si è nati e cresciuti a pane e Naruto. E per "nati e cresciuti" intendo cresciuti nel senso vero del termine, roba che a 20-25 anni leggi ancora 'ste fesserie pensando che siano quanto di meglio l'industria ti può offrire. È il grande problema della libertà d'opinione, e penso che tutti ultimamente abbiamo avuto con questa i nostri problemi quando abbiamo visto tutta la gente che pregava per Parigi. Come al solito. Quindi, dicevo, non solo questi cretini ti si piazzano davanti allo schermo dicendoti che Naruto o il prossimo film di Star Wars sono la cosa più bella che poteva capitare alle rispettive arti, facendoti rivedere la tua posizione su uno dei diritti inalienabili dell'uomo, ma poi ci si mettono anche le varie aziende/editori/quel-che-è, pagando questo o quello per dare giudizi buoni sulla serie X e spalare merda sulla serie Y. Chiaramente questo è un riferimento tutt'altro che casuale a cavernadiplatone, youtuber di fumetti, che afferma (pare, mi è stato riferito) che Naruto sarebbe meglio di One Piece perché i sentimenti ivi espressi siano molto più falsi e "inverosimili" rispetto al competitor targato Panini Comics. Beh certo, come si fa a piangere per la storia di uno scheletro vivente?, molto più credibile un bimbo che mena fulmini dalle mani. Oltre al fatto che la pretesa che un essere senziente possa anche per un secondo ritenere Naruto più bello, appassionante e ben costruito di One Piece è ridicola, se non proprio fantascientifica. E poi, com'è che tutti questi splendidi youtuber appassionati di cinema non recensiscono mai un film vecchio e parlano per minuti e minuti di un trailer di pochi secondi? Sarò malizioso io, magari, vai a capire.
Poi l'altra roba che veramente mi fa girare gli ingranaggi è la struttura. S E M P R E L A S T E S S A O G N I V O L T A. Ogni volta. Ogni. Cazzo. Di volta. Prima parliamo dettagliatamente della trama, così, per estinguere quell'ultimo briciolo di curiosità che ti possa spingere a leggere/guardare quel prodotto. Anzi, ti parlo della trama fino a 10 pagine/minuti dalla fine. Così sei libero di scoprire il finale, non c'è bisogno di fare spoiler alert, tutti odiano quando ti svelano il finale. Magari ti sveliamo anche il cambio di trama improvvisa di Psycho o di Kill La Kill ma ATTENZIONE, mica ti stiamo fottendo il finale. Poi dopo la trama bisogna parlare dei disegni, dicendo solo se sono belli o brutti (perché mica ti leggi un fumetto coi disegni brutti, no?), poi dell'edizione in cui è uscito, e poi alla fine un giudizio che non può non essere sbrigativo. Sostituire i disegni con la regia (e vorrei capire come la giudicano) e la recitazione. Addirittura ci sono dei fenomeni che giudicano la recitazione di una serie doppiata. Maestri veri della cultura.
E poi l'altro grosso problema è il format. Praticamente in quasi tutti questi video ci sono questi fenomeni, nelle loro camerette (illuminate chi bene chi meno bene, per così dire) che parlano di questo o di quello, ogni tanto tagliando qualcosa che non andava bene, ogni tanto facendo un copincolla di qualche frammento simpatico tipo Le Iene. Cioè, uno per sostenere un quarto d'ora davanti al pc a guardare la tua faccia di culo deve avere un incentivo. Gli stand-up comedian lo fanno, ma perché hanno davvero del talento nel fare questo tipo di cose, i grandi intellettuali/artisti lo fanno, ma un Dario Moccia che cosa può avere di così tanto interessante da dire? Addirittura Jonathan Franzen non è stato più di 6 minuti da Stephen Colbert. Nome piccolo, ma rende bene. C'è chi non ti tiene per più di 6 minuti e chi fa video di xmila minuti. Poi c'è anche la storia che questa gente generalmente non ha più di ventix anni (dove a x corrisponde un numero sotto il 5), quindi più o meno della mia generazione, ed è cresciuta con troppi cartoni animati di Italia 1 e probabilmente pochi cartoni marci (come direbbe il mio amico Andrea) da rete locale e, soprattutto, poco tempo per strada con gente che qualche anno dopo avrebbe avuto una fedina penale ben più sporca della tua. Sembrano tutti usciti dalla sala di doppiaggio, hanno gli stessi tic degli attori da prima serata su RaiUno e le stesse inflessioni della voce. Che cosa dovrei stare guardando?, una persona che parla o una puntata doppiata di The Walking Dead (il cui doppiaggio è veramente obbrobrioso)? Cioè, non solo i contenuti e il format sono sempre uguali a loro stessi o comunque inadeguati, ma ora anche la forma? Ma dai. Ma trovatevi un modo serio di fare i soldi.
Ed è per questo che il video che ho postato all'inizio mi è piaciuto. Oddio, piaciuto, diciamo che non mi ha fatto chiudere la scheda sospirando "ma vaffanculo", sarà perché l'avevo già visto da qualche parte che faceva qualche altra cosa. Perché è riuscito a farti mantenere vivo l'interesse, non ti ha fatto distrarre, ha trovato modi di raccontarti una stupidata in maniera simpatica. Cambia telecamera, mette le schermate con le scritte, fa i disegni ripresi dall'alto come i video "istruttivi" dell'Isis e della Siria. È capace. Si sforza. Sa che lui da solo non è capace di rivolgersi ad altre persone oltre alle sue fan dodicenni invasate (ne avrà anche lui, dai. Ci sono dodicenni che urlano per quelli usciti da X Factor, figurati se non ne ha lui), quindi cerca di darti non dico dei contenuti, ma almeno delle forme belline. Anche quel cialtrone di Anthony Fantano fa lo stesso, nonostante il format sia quasi lo stesso degli italiani da cameretta + webcam del portatile. Ecco, l'unico canale che più o meno elude da questo tipo di logica è quello dei The Pills, che cerca di andare un attimo oltre la recita scolastica, sia nella forma che nei contenuti. Poi ogni tanto magari ci ricascano anche loro, ma alla fine va bene, se avessi voluto vedere una cosa sempre fuori dagli schemi e sempre eccezionale mi sarei visto di nuovo Le conseguenze dell'amore o qualche episodio di Louie.
A conferma di ciò, ogni volta che su facebook o twitter (o addirittura nel mondo vero) mi lancio nel nobile sport della bestemmia agli youtuber, arriva sempre qualche fenomeno che dice "vabbé sì, però non fare di tutta l'erba un fascio, ci sono pure quelli bravi". Puntualmente rispondo "e fammi qualche esempio, allora" e, altrettanto puntualmente, non ricevo mai un nome. COINGIDENZE? IO NON GREDO!!1!!
Poi certo, meglio questa gente dei video sul complottismo (che per altro raccoglie numeri impressionanti e questa cosa mi fa straridere).
E quindi niente, questo è.

domenica 30 agosto 2015

I miei 5 personaggi preferiti di Mad Men (MASSIVE SPOILER ALERTS)

Cause del post:
1) Questa.
2) Questo podcast con Elisabeth Moss (ed è la seconda volta consecutiva che Greenwald è la causa scatenante di un post).

Non sono un fan patologico delle serie tv come molti che vedo/leggo in giro per l'internet, che guardano 200 serie contemporaneamente e che si interessano a qualsiasi cosa abbia una forma serializzata e venga dalla tv americana (preferibilmente). Ne ho viste diverse, le ho viste soprattutto di fila, nel senso che una volta che comincio a guardare, ad esempio, The Wire, continuo a vedere The Wire e non inizio nient'altro (magari qualche serie comica, o se proprio sto seguendo qualcosa che sta continuando ad uscire in quel momento, ma sono occasioni rarissime), ma non mi definirei un appassionato di serie tv.
Tuttavia, fino a che non guarderò i famigerati Soprano, Mad Men è la serie tv più bella che abbia visto. Non ha il realismo e la passione di The Wire, non ha le svolte narrative di Breaking Bad (tanto per rimanere nel sacro quartetto della Golden Age of Television, Sopranos, The Wire, Mad Men & Breaking Bad), ma la centralità dei personaggi e dei risvolti psicologici che eventi di tutti i giorni hanno su di loro, insieme alla cura e all'amore per i personaggi stessi mi tengono incollato al pc come nessun'altra serie è stata capace di fare. I fan di Game of Thrones dicono di essere innamorati di certi personaggi, ma è evidente che non sanno di cosa stiano parlando. E inoltre, chi guarda Mad Men per motivi altri, tipo per cercare di capire l'impatto degli importantissimi eventi degli anni '60 sulla società americana, o per i vestiti e la moda e i dettagli di ricostruzione storica, si stanno perdendo almeno il 90% del vero fascino della serie, allo stesso modo di chi guardava The Wire per avere una testimonianza del disagio dei project americani, non gustando a pieno la trama e le relazioni di potere e Bubs e tutti gli altri splendidi personaggi, o di chi guardava Breaking Bad per sapere cosa succede alla fine, anche se la cosa in assoluto più appassionante era vedere dove il grottesco che regna per tutta la serie avrebbe portato Mr. White e quanto Jesse sarebbe stato un poveretto.
Anyways.


Lascio da parte Don Draper, perché così è troppo facile. È il protagonista indiscusso della serie, è in assoluto il personaggio meglio caratterizzato, il più complesso e anche quello a cui succedono più cose. È l'anima di Mad Men, non può non essere il personaggio preferito di tutti nonostante si comporti da vero uomo di merda, almeno fino al finale - meraviglioso, btw. Oddio, ha anche avuto i suoi eccezionali momenti di umanità prima del finale, citofonare alla scena in cui va a trovare Peggy in ospedale dopo il parto.
E, mentre mi documento per il post, mi torna in mente che quella parte in cui Dick Don va in California da Anna sparendo dalla circolazione per non ricordo quanto, tre settimane?, è probabilmente il più bell'arco narrativo televisivo che io abbia mai visto, nonostante la grandiosità delle ultime due stagioni.


1) Peggy Olson

Peggy è veramente esaltante. Sarà anche stata quasi sempre nominata come attrice protagonista agli Emmy e quindi te lo aspetti anche, ma il suo arco è proprio pazzesco. Dagli inizi, in cui era scialba, timida e intimorita da un mondo che evidentemente non apparteneva ad una figlia di timorati di dio del New Jersey al poter parlare alla pari con Don, fino alla posizione di potere alla fine e alla definitiva assoluzione a Santa Matrona Protettrice di tutti noi.




È difficile mettere giù in parole Peggy Olson. È difficile perché, appunto, inizia come una ragazzina del New Jersey che viene messa a fare da segretaria a Don Draper, e scusate se è poco, per poi diventare conscia delle sue capacità, di farle valere (vedi la scena subito sopra) (e parlo anche in ambito sentimentale, non solo professionale), fino a diventare quasi arrogante e raggiungere la migliore delle posizioni. Insomma, Santissima Peggy proteggi noialtri peccatori e illuminaci della tua grazia e del tuo splendore.



2) Betty Hofstadt Draper Francis

È assurda l'idiosincrasia che Hollywood ha verso le mogli dei protagonisti. Ve la ricordate Skyler White, quanto stava sul cazzo a tutti? Bene, però Skyler spesso era veramente la voce della ragione e della giustizia di fronte alla follia criminale che diventava man mano Walter, qui invece spesso Betty è proprio percepita come rompicoglioni, e a volte è anche vero, nonostante sia di fronte alla follia immorale che diventava man mano Don. Oddio, man mano mica tanto. E anche in questo caso il personaggio compie un percorso lunghissimo, ma ora smetterò di dirlo perché tutti i personaggi di Mad Men lo compiono, ed è inutile ripeterlo a pappagallo. Betty passa da essere la classica casalinga americana degli anni '50 ad una persona vera che non è più tanto racchiudibile in uno stereotipo come quello, nonostante dei tratti ci siano ancora. E nonostante non riesca mai a liberarsi completamente di quell'alone di personaggio negativo che l'ammanta più o meno da sempre. Ma d'altra parte come dovrebbe sentirsi la moglie di un uomo che la esclude praticamente in maniera totale dalla sua vita, salvo portarla quasi come moglie trofeo agli eventi sociali (neanche tutti, poi, tant'è che alle premiazioni lui bacia Joan). Povera Betty, grande Betty.



3) Roger Sterling

Roger è, per me, la figura paterna per eccellenza, in particolare tipica di quell'epoca: non era di certo una presenza costante come le figure materne o femminili, ma sapevi che c'era e la sua presenza ed autorità si facevano sempre sentire, e quando c'era o dava grandi, grandissime sodddisfazioni, o he fucked up really bad. Per non cercare altre parole, anche il fatto che lui cercasse effettivamente di essere una figura paterna con suo figlio, non avendo mai da Joan la soddisfazione di poterlo fare, è heartbreaking, così come heartbreaking sono tantissimi momenti di cui lui è protagonista. E ciò nonostante è una spalla comica fenomenale. Urge qui ricordare alcuni apici del personaggio e della serie, tra cui Roger che prende gli acidi e Roger ubriaco che suona l'organo mentre Peggy, ubriaca anche lei, balla sui pattini nella sede vuota della Sterling, Cooper, Draper e nonricordopiùchifosseilquartonome.


















4) Joan Holloway

La donna forte, la donna con l'aspetto sessualmente inarrestabile che, nonostante questo, vuole essere trattata come essere umano ed essere alla pari degli uomini di potere di cui si circonda e si accompagna. Meravigliosa. La bellezza di Mad Men sta nel fatto che alla fine della serie tu non sei d'accordo con la strada che decide di prendere ma capisci perfettamente perché lei la prende e in fin dei conti ti sta bene così. Vogliamo dire che è lei la grande figura materna della serie? Diciamolo, ma diciamo anche che è molto riduttivo.















5) Bob Benson

Because

Yes, of course I do. How could you not?


And that's it. Ma solo perché dovevo fare numero tondo, altrimenti un Pete ce l'avrei messo sicuramente, e volendo anche un Ken Cosgrove, e soprattutto il meraviglioso Lane Pryce, may he never be forgotten.
Che serie meravigliosa. Giusto una veloce carrellata di momenti straordinari (sto esaurendo il mio vocabolario di aggettivi superlativi positivi, ve lo dico) dall'ultima stupenda stagione (lacrime, ancora lacrime, la più bella dichiarazione d'amore tipo di sempre, Peggy che ci prova ma non tanto ce la fa) e per chiudere, semplicemente il più grande momento di televisione della storia della televisione.






BONUS:

mercoledì 19 agosto 2015

Contro la musica di merda

Ho il bisogno fisico di scrivere questo post, dopo che sono diversi mesi che, per via di un'esposizione forzata a diversi media americani (che, è bene ricordare, hanno un sistema di valori mooooolto diverso dal nostro, in particolare per quanto riguarda il ruolo che le celebrities hanno nella società - ah, un altro inciso, in italiano CAZZO le parole straniere non vanno mai coniugate al plurale. Non esistono i fans, esistono i fan. Smettiamola eh, siamo nel 2015) mi ha fatto notare come anche gente culturalmente più che rispettabile vada dietro, segua e conosca a fondo certi personaggi musicali che non dovrebbero godere di nessuna considerazione da chi ha quantomeno finito le scuole superiori. Un esempio è questo podcast, in cui il notevolissimo Andy Greenwald si perde in diversi complimenti per l'album 1989 di Taylor Swift. TAYLOR SWIFT!
Oh, chiariamoci, facciamo subito questo disclaimer: ognuno è libero di ascoltare il cazzo che vuole senza sentirsi giudicato perché, così come ognuno ha le sue fisse sessuali che non devono assolutamente minare il giudizio che le altre persone hanno di loro, ognuno è libero di ascoltare, o leggere, o guardare quello che vuole con gli stessi diritti.
Però sfiga, in genere quelli che ascoltano con passione ed emozione Gigi D'Alessio o David Guetta, diciamo, non ti aspetti di vederli candidati al nobel o al pulitzer.
Per altro, è fresco nella mia memoria quel periodo buio in cui anche i più illuminati ascoltavano o cercavano di ridare un barlume di credibilità artistica a fenomeni del pop che con la musica vera non hanno niente a che fare, con particolare spinta su Lady Gaga. Questa poi si è spenta ed è rientrata nei binari che le si confanno nonostante la dichiarazione di voler fare profumi che sapessero di sangue e sborra.
Questo pensiero mi si è andato via via amplificando, e ci ho pensato sempre più spesso, dall'uscita a sorpresa del nuovo megavideo + ep di FKA twigs. Perché. Perché lei da quando me l'hanno fatta conoscere col video di Papi Pacify nel lontano 2013 mi ha sempre intrigato e mi è capitato di leggere qualche intervista prima della pubblicazione del primo album, ed è una normalissima artista "degli ambienti che frequento io"; virgolette d'obbligo, in questo caso. In una di queste interviste diceva di come, oltre ad essere super appassionata di danza (era il suo lavoro principale, d'altronde, il suo dayjob), era anche molto fissata con le strumentazioni e le macchine e gli effetti per fare musica e per avere nuovi suoni particolari. Quindi, diciamo, c'era la sicurezza che fosse lei l'artefice di ogni cosa sui suoi dischi: non essendo un gruppo, rock o meno, era lei che programmava la drum machine, era lei che organizzava i delay, era lei che creava i loop e così via. E faceva quella musica bellissima. Da sola. Poi, dicevo, arriva il nuovo ep di cui sopra e vengo colpito da un badile ghiacciato perché vedo che, oltre al prodotto musicale sempre più che pregevole, era stata anche capace di crearsi un immaginario non più legato e creato grazie ai testi e alle copertine dei dischi (non più solo legato e creato grazie a, quantomeno), ma un immaginario visivo che rendesse i videoclip parte integrante del messaggio e della figura artistica che la strafiga vuole veicolare. Ora. Chiunque abbia un minimo di esperienza musicale si renderà conto di come i videoclip siano solo dei contorni del piatto principale. Certo, le eccezioni ci sono, ma in genere sono rappresentate da nomi e cognomi di registi di videoclip che riescono a creare prodotti particolari, che generalmente non vanno più di tanto a incidere nell'immagine del gruppo/artista. Alcuni celeberrimi, classici esempi sono i vari Chris Cunningham, Michel Gondry e Floria Sigismondi.
Quello che invece ha costruito la twigs di chi è tipico? Delle popstar figlie delle etichette. Delle Madonne, delle Rihanne, delle Beyoncé, delle Lady Gaga, delle Britney e via discorrendo che ci siamo capiti. Ve le ricordate le boyband di una volta, che almeno erano formate da gente con la quale potevi scopare senza temere serie ritorsioni legali per pedofilia? Bene, ci rientrano tutte. Generalmente, ecco, ad ogni nuovo annuncio che finisce in alto in alto tra i TT di Twitter ci trovate questi personaggi di cui parliamo.
Vogliamo prendere un altro esempio particolarmente controverso, perché ha iniziato in sordina e ha sempre avuto un'immagine molto indie tanto da ingannare molti "alternativi" della prima ora in tempi durante i quali l'hipsterismo non era ancora una moda universalmente diffusa? Lana del Rey. Ricordo ancora che sul forum musicale che frequento ci cascarono in molti, lodando la canzone x o la canzone y. Puntualmente, sono stati sbugiardati dai fatti che hanno dimostrato come la boccona rossa della Lana nostra non fosse poi così diversa dai nomi su descritti: aveva dietro un'etichetta che l'ha voluta lanciare in orbita, tanto che la prima sua esibizione live 1) è avvenuta in tv, mi pare da Letterman o forse al SNL e 2) in questo live si è chiaramente visto come lei non. sapesse. cantare. per. niente. Ha dovuto cancellare i live programmati all'epoca, prendere una pausa in cui verosimilmente ha preso serie lezioni di canto e poi andare avanti come ogni popstar che si rispetti. Ha anche partecipato alla colonna sonora del Grande Gatsby, ennesimo pessimo baraccone hollywoodiano, che male non può fare. Pezzo scialbissimo, per altro. E non venitemi a rinfacciare che nella colonna sonora c'erano anche gli XX, perché significa che allora non avete capito niente.
È ovvio ed evidente che in classifica ci possano finire anche robe belle o quantomeno non fatte ad arte, per così dire. È il caso degli XX (ok, magari non sono mai arrivati nel top 40 - non ne ho la più pallida idea, ma comunque è un gruppo che quantomeno in una fascia demografica bella grossa et importante è conosciuto praticamente da chiunque), è il caso di Florenza e le Macchine, è il caso dei Black Keys, è il caso dei gruppi d'altri tempi che pubblicano cose nuove (vedi i vari Spingsteen, Radiohead, U2, Muse - soccorreteli, a proposito -, i maledetti Pink Floyd giusto per fare i nomi più grossi che ci siano), o i gruppi che erano partiti con buone intenzioni, con queste intenzioni hanno raggiunto dimensioni giga e poi qualcosa è andato storto. Vabbé, quest'ultima categoria l'ho inventata, era giusto per non scrivere subito il nome Coldplay, che hanno iniziato col botto azzeccando addirittura 4 album di fila (ci ho contato anche X&Y in un afflato di infinita magnanimità), poi qualcosa gli è scattato nel cervello e in un'intervista hanno detto che i loro concorrenti non erano più i succitati Muse o i Radiohead o che so io, ma Nicki Minaj e Justin Bieber. Come detto, qualcosa è andato storto.
Qual è la differenza tra le due cose l'ho concretamente capita con un paio di articoli. Il più recente è questo, mentre quello da leggere con attenzione è quello su un numero di giugno 2012 di Internazionale, che potete trovare in versione originale qui (è in inglese, tranquilli, non in qualche lingua assurda tipo, chessò, l'italiano). Praticamente abbiamo le prove di quelle che sono sempre stati rumor e sensazioni più che fatti provati, ovvero che certe canzoni, certi album, certi artisti, siano effettivamente creati a tavolino per essere "perfetti" o, leggendola in altro modo, per essere talmente levigati, talmente familiari, talmente catchy e talmente inoffensivi da poter piacere a tutti. Da qui, scusate se torno di nuovo a lei ma negli USA è onnipresente e non ci posso far nulla, vengono tutti i riferimenti alla perfezione, addirittura "sovrumana" della nuova fidanzatina d'America Taylor Swift, sia nel podcast di Greenwald e di Ryan che ho postato all'inizio, sia in quest'altro articolo di Noisey (il "potrebbe interessarti anche" è uno strumento diabolico). A me questa cosa non piace. Non dico che mi faccia senso come fanno in molti duri&puri che poi magari hanno le erezioni a vedere le prestazioni di micidiali performer (ogni riferimento ai Dream Theater è puramente voluto), perché a volte i risultati sono effettivamente apprezzabili, e magari non necessariamente vomitevoli come (appunto, once again) Taylor Swift, penso all'ultimo album di Beyoncé - che per altro, non avendolo mai avuto sottomano in un formato fisico, non so da chi sia poi effettivamente stato scritto, non so se ero sobrio ma ricordo che forse alcune basi erano state fatte da Clams Casino, mandando a puttane il riferimento. Il problema è che sono proprio casi isolatissimi, e esempi come quello di Pitchfork, che nella classifica dei migliori album 2014 mette Ariana Grande sopra Clark e Ben Frost e (ANCORA, INCESSANTEMENTE) Taylor Swift sopra non solo Ariana Grande (e quindi anche Clark e Ben Frost), ma anche sopra a Leon Vynehall, Madlib+Freddie Gibbs e ANDY-FUCKING-STOTT, dicevo, questi esempi non fanno bene per niente alla musica. O agli ascoltatori di musica. Giustamente, uno Ariana Grande e la Swift le conosce per forza, ma magari non ha sentito mai parlare di Leon Vynehall, che l'anno scorso ha fatto un album di grande classe o di Andy Stott e di Ben Frost, che invece hanno fatto due bombe atomiche, ma giustamente che incentivo ha ad ascoltarli se li hai messi addirittura dopo quelle due? Poi non sto a discutere della preferenza della redazione per l'hip hop perché noi siamo in Italia e l'hip hop lo vediamo in un certo modo e loro ne sono invasi, però almeno le popstar patinate e perfette e che ispirano pedofilia le possiamo discutere. Per dire, a me piace abbastanza anche Bad Romance di Lady Gaga (e come vedete nella foto sopra, a Londra ho preso il vinile di Telephone perché costava meno di 2 sterline), ho anche ascoltato l'album e non mi ha fatto schifo, ma non mi sognerei mai di consigliarlo a chicchessìa, o di metterlo in una classifica di fine anno.
Il gioco di squadra che, per dire, fanno gli U2 non è lo stesso gioco di squadra che fanno i produttori di Christina Aguilera, giusto per fare due nomi che non mi piacciono per non poter essere tacciato di esempi incongruenti. Avrei potuto citare i Radiohead, ma ci sarebbe stato da ridere.
Ora, una conclusione a questo ragionamento (per usare un termine veramente generoso) non c'è, piuttosto è una speranza e un augurio. Come detto quasi in apertura, uno ha diritto ad ascoltare quello che vuole senza doversi per questo sentire giudicato, però il mio auspicio è un minimo di consapevolezza. Non dubito che chi ascolta merda si emozioni sinceramente anche con quella, perché altrimenti non si spiegherebbero i deliri ormonali per l'ennesima boyband del momento - fenomeno notevolmente divertente, d'altra parte, è vedere come per le popstar donne i fan siano molto meno esasperati; che le ragazzine siano intrinsecamente più vocali circa i materiali usati per la loro masturbazione?
Ciò nonostante, per sincera che possa essere l'emozione, è bene che ci si renda conto che i propri ascolti siano costruiti a tavolino. Non mi scaglio contro i tredicenni che dicono "sì ma chi cazzo è John Lennon e perché è così famoso? Non è mica XXX" <-- inserire il nome della popstar di turno, perché sono tredicenni, e non pretendo neanche che chiunque sappia chi sia John Lennon (anche se suvvia, sarebbe decisamente il caso), ma ecco, penso che il discorso sia chiaro.
Bene. Il primo che usa quanto scritto per uscirsene con cagate tipo "la musica è quella suonata con gli strumenti" vince un viaggio a Medjugorje a calci in culo.

domenica 10 maggio 2015

Gli album che mi hanno salvato la vita

Chissà perché su questo blog riesco a scriverci solo di sera/notte. E chissà perché lo faccio sempre quando sono emozionalmente vulnerabile, soprattutto considerando poi quello che ci scrivo, che è quanto di più lontano da. Comunque ho da pochissimo finito di vedere il finale della sesta stagione di Mad Men, e quindi sono molto, molto, moltissimo, molto emozionalmente vulnerabile. Anyway, let's begin this thing.

È da un po' di tempo che di tanto in tanto mi trovo a riflettere sul fatto che praticamente chiunque usi quella citazione del cazzo che dice che la vita senza musica sarebbe un errore e poi ascoltano merda. Non dico necessariamente merda merda alla Vasco Rossi o peggio, dico merda nel senso che ascoltano cose assolutamente inquadrate in una precisa posizione sociale, o in un immaginario che non lascia possibilità di scampo. Magari è anche bella, bellissima musica, eh, chiariamo, però io sono incredibilmente presuntuoso e quindi se tu mi vai alla festa dell'Unità per ascoltare la cover band di De Andrè mentre bevi il vinaccio dalla bottiglia di plastica che hai dovuto buttare il tappo, allora De Andrè è merda. I My Bloody Valentine possono essere merda, se il loro ascolto ti fa far parte di ambienti inutilmente spocchiosi e snob (e lo dice uno che non è snob, di più). Contemporaneamente, leggo e sento tanta gente che magari di musica se ne intende (o gioca a intendersene) più della media che quando deve citare delle canzoni per loro importanti cita magari merda perché gli ricordano un particolare evento o che so io. Oh, disclaimer, se vi identificate in questa descrizione e mi conoscete, non sentitevi tirati in mezzo. Già per il fatto che state leggendo questo blog idiota, molto probabilmente non sto parlando di voi e siete una delle poche eccezioni.
È che per me la musica è sempre stato altro. Certo che ci sono canzoni che mi ricordano una situazione o un evento a cui sono molto legato e che difficilmente dimenticherò (che vi devo dire, The Wicker Man degli Iron Maiden cantata a squarciagola in classe al liceo non te la scordi, ecco, per quanto sia merda). Però la musica che per me è importante è decisamente altra. È quella che ascolti a casa da solo, col volume a livelli da arresto o a meno di metà, che ti fa continuamente piangere o che ti fa fare air drumming finché non ti bruciano gli avambracci, o entrambe le cose. Se non avete mai pianto per una canzone (le ballate stracciapalle alla My Immortal degli Evanescence ovviamente sono fuori contesto), mi dispiace veramente tanto per voi. È quella musica che magari potrai anche condividere con gli amici, ma di certo non è il tuo primo impulso. E, in genere, è quella musica che ascolti nel periodo formativo della tua vita. Non necessariamente quello scolastico, ma quei momenti in cui sai di avere delle mancanze che, appunto, questa musica ti aiuta a colmare in qualche modo, seppur parzialmente. C'è anche da dire che non la riconosci subito, questa musica, bisogna far passare del tempo, a volte anche tanto, perché si riesca a capire se e cosa ci ha veramente lasciato, se è solo un bellissimo disco o è uno di quei dischi. Quindi vado a fare un elenco più o meno esaustivo di quelli che finora sono i miei dischi che mi hanno salvato la vita. E proprio perché c'è bisogno di tempo per far sì che un disco diventi tale, ne lascerò fuori alcuni che ho ascoltato più recentemente che potrebbero ambire al titolo ma ancora non lo so, ad esempio Let It Bleed degli Stones o Boxer dei National, Potrebbe essere un elenco abbastanza lungo, e andrò in ordine totalmente sparso, tranne l'inizio.


Perdonate l'allineamento farlocco delle immagini. Chiaramente parliamo del trio dei tool. Sono in assoluto la cosa migliore che mi sia mai capitata nella vita. Musica complicata, ispirata, dura, profonda, che sa non prendersi sul serio e che si prende fin troppo sul serio, tutto questo quando ero quasi o da poco maggiorenne, capace di assorbire tutto come una spugna. Mi hanno fatto capire che esiste una spiritualità che non fosse solo quella cristiana che odiavo e che la spiritualità non va respinta e che non è banale. Insomma, troppe cose per poterle elencare. E mi hanno fatto conoscere il loro forum italiano, e mi hanno dato il più bel concerto della mia vita, 2006, Rimini.
Nel caso li voleste ascoltare, qui c'è Ænima, qui Lateralus e qui 10.000 Days.


L'altro trio. Non saprei bene cosa scrivere, onestamente. Tematicamente molto meno intimi dei tool, musicalmente molto più duri e talvolta scomodi, ma come smuovono loro, nessuno ha mai smosso. Questi tre dischi sono incredibili (letteralmente, ogni volta che li riascolto non riesco a credere che qualcuno abbia saputo scrivere cose del genere), ma la loro singola canzone più devastante non è in questi tre album, il che la dice lunga su cosa abbiano fatto.
Nel caso li voleste ascoltare, qui c'è Oceanic, qui c'è Panopticon e qui c'è Wavering Radiant.


Aphex Twin - Selected Ambient Works 85-92. Perché dopo un'infinità di ascolti per trovare il bandolo della matassa, mi sono rilassato e ho capito che la musica bella sta da tutte le parti, anche nella musica elettronica, anche nell'ambient che non è ambient, anche nella techno che non è techno.

Coil - Musick to Play in the Dark. Perché loro sono dei malati mentali, e questo disco unisce insieme malvagità, algidismo e raffinatezza. E non si spiega come, riesce contemporaneamente a calmarmi e a mettermi addosso un senso sottile di qualcosa che non va.


The White Stripes - Elephant. I classici personaggi rock che ti tirano fuori un album incredibile e che all'inizio non ti piace e poi lo adori alla follia. Io a 16 anni volevo prendere lezioni di chitarra da lui, mentre i più brufolosi a 25 ancora vorrebbero prenderle dal chitarrista dei Dream Theater.


Slowdive - Souvlaki. Ascoltatelo e poi venitemi a dire. Assoluto capolavoro. Dal primo ascolto sei rapito, dal secondo ascolto non lo dimentichi manco con l'alzheimer.


dälek - Absence. Mi ha fatto capire che la coscienza politica può esprimersi in tanti modi, non per forza con la barba di 3 giorni, la giacca con le toppe marroni sui gomiti e la chitarra acustica. Mi ha insegnato che l'hip-hop è bello e che si può fare in un casino di modi. Mi ha insegnato che la musica rumorosa a quella maniera può essere bella. E anche che i neri che fanno hip-hop possono non essere dei coglioni come fanno credere gli americani o dei poeti profondamente coscienti della loro situazione come ci vogliono far credere gli accademici - sempre siano maledetti.


Perché obiettivamente, una volta entrati non se ne esce. Se non l'avete mai ascoltato, ascoltatelo ORA.


Sarebbe il disco del 2004 dei Uochi Toki. Non c'è da nessuna parte, sull'internet, almeno ad una ricerca velocissima. Comunque è il classico disco che non dovrebbe esistere perché è completamente sbagliato. Ed è bellissimo, ed è tutto quello che un 16enne dovrebbe sapere della musica: che è possibile pure un delirio come questo.


Dicevamo di spiritualità? Qui c'è la prima canzone, qui la seconda.


R.E.M. - Murmur. Perché dopo aver ascoltato questo e Automatic for the People, vorresti che Michael Stipe fosse tuo padre.


E PJ Harvey tua madre, dopo questo, Rid of Me e White Chalk. Anche se poi dopo Rid of Me potrebbe esserci un minimo di complesso d'Edipo.


DJ Shadow - Endtroducing... Perché per un ragazzino non è un disco, è un alieno.


Perché dopo averlo assimilato puoi dire di ascoltare metal senza temere nulla.



Una delle doppiette più fenomenali di sempre. Loro sono meravigliosi, riescono a portarti negli abissi come pochi e riescono a portarti in paradiso come nessuno. Le loro aperture sono così meravigliose che non si riuscirà mai a descriverle e la capacità di coinvolgimento anche per qualcosa così alta è senza precedenti e senza successori, probabilmente. Poi hanno una capacità narrativa che pochissime altre volte ho incontrato, e nessun'altra volta per un gruppo che non ha neanche una punta di lyrics. Fanno bene al cuore e sono la salvezza dell'anima.
Alzate i vostri magri pugni come antenne verso il paradiso e Slow Riot for New Zerø Kanada.



Estate. Sudore. Solitudine. Serenità. Movimento. Bellezza. Droga. Spiritualità. Tutto insieme. Fantastico.


L'unico album dei Radiohead per il quale il primo ascolto è bastato a capire quanto fosse enorme. OK Computer ovviamente non è stato lo stesso, visto che l'ho ascoltato a 15 anni ed erano più i "che cazz'è 'sta roba?" che altro. Questo l'ho ascoltato anni e anni dopo ed è stata una mazzata in faccia. So che l'avete già ascoltato, ma nel caso, è qui.


Perché non puoi non metterlo. Canzoni pop allucinanti e allucinate e finale mistico che non c'entra nulla e che ti porta totalmente via. Come fai a non amare un genio del genere, dopo questo disco?


Songs of Leonard Cohen. Quando penso a questo disco, non so perché, mi viene in mente Hemingway. Non ha fronzoli o pretese di raccontarti chissà quali verità sulla vita, l'universo e tutto quanto, ti racconta solo una storia e tu stai lì, rapito, ad ascoltarla. Questo è, questo disco.


Non ci sono parole per descriverlo.


Lasciando da parte l'importanza iconica, di cui mi è sempre importato abbastanza poco, potrebbe essere il mio disco rock preferito. Cattivo, cattivissimo, cinico, rumoroso (NEL MILLENOVECENTOSESSANTASETTE!), e che giustamente, visto il contenuto, inizia con Sunday Morning. La più grande battuta della storia. Obiettivamente, se non adorate questo disco come gli egizi adoravano il sole, siete delle persone di merda.


Fate voi.


Kyuss - Welcome to Sky Valley. Caldo atroce. Sopportazione. Sabbia nelle scarpe. Droga. Misticismo ma non troppo. Chitarra sovrannaturalmente grandiosa. Rabbia. Rallentamenti. Capolavoro.


Serge Gainsbourg - Historie de Melody Nelson. Perché Gainsbourg è un porco, e anche se il disco parla di cose volendo anche banali, ti fa arrapare fortissimo. Non è facile, soprattutto se non capisci per niente la lingua. Se fossi donna, sarei sicuramente una di quelle che si fanno ammaliare dallo charme e dalla parlantina sciolta di un francese muscito. Questa mezz'ora scarsa di musica però è di una classe che, nel 1971, non era possibile.