mercoledì 31 dicembre 2014

I buoni propositi per l'anno nuovo

Ormai inizio tutti i post scusandomi del fatto che ci scriva poco e usando scuse come il brutto periodo, i mille cazzi, i panettoni Mainagioia che vanno tanto di moda e cose simili, ma poi 'ste cose succedono a tutti e quindi le mie sono lamentele pleonastiche ed inutili.
Pleonastico è una bella parola.
E questo è un post veloce veloce, un tweet un attimino più lungo.
E questa è una foto da far uscire nelle anteprime sui social.


Io ho un solo desiderio per l'anno che viene e i prossimi (quindi non era un proposito, il titolo è un ingannatore).
Il desiderio è l'abbandono dell'estremismo delle opinioni.
Interstellar è un capolavoro o è una merda inaudita.
I guardiani della galassia è un capolavoro o è una merda inaudita.
L'Ice Bucket Challenge è una figata o è una puttanata senza precedenti.
Mi piace il basket, quindi quello è lo sport più meraviglioso mai esistito mentre il calcio, grande rivale (?) è una merda (ok, in Italia di questa gente ce n'è poca, ammettiamolo, ma il ragionamento è quello).
La politica è importante, quindi se non parli di politica sei un idiota ed è meglio che vai a raccogliere i pomodori con gli africani.
La neve che ha fatto ieri e oggi qui in terronia o è la cosa più bella che ti sia mai capitata (???) o è uno schifo non perché ti rende difficili i movimenti per strada, ma perché ti intasa la bacheca di facebook.
Esempio sulla mia pelle: per la seconda volta in tre mesi mi sono preso l'influenza perché sono una checca e quando ci sono esami particolarmente rilevanti l'ansia mi fa abbassare le difese immunitarie, e mia madre comincia a decantare le lodi dell'Oscillococcinum o come si chiama lui, rendendolo l'equivalente in medicina della salvezza eterna cristiana.
Così non va.
Magari non tutti sono interessati a sentire la vostra voce e la vostra opinione su ogni argomento alla ribalta dell'opinione pubblica (o della home di repubblica.it, se è per questo). Magari prima di dire qualsiasi cosa potreste perdere 10-15 minuti lasciando da parte whatsapp e le importantissime chat di facebook e cercare qualche articolo, informarvi un attimino, prima di decidere SE parlare. O scrivere, perché poi alla fine ci si riferisce alla sfera online, dal vivo ogni discussione è futile, si finisce a parlare di sesso e a provare a fare degli innuendo con chicchessìa e siamo tutti contenti e nessuno si fa del male.
Ma quello che leggo sui social è una voglia di estremismo ingiustificata e ingiustificabile. Pochi minuti fa mia madre stava litigando con un suo amico sull'omosessualità. Perché litigare? Che bisogno c'è? Gridare e incazzarsi porterà a nuovi, inediti ed inaspettati risultati? O forse è perché non si hanno motivazioni valide a supportare la propria opinione? E ritorniamo a quello che dicevo prima. La pigrizia dettata dagli innumerevoli stimoli dei social network lascia un casino di persone nella merda più nera, non leggono più nulla, passano ogni secondo libero della loro vita a parlare con persone di cui gli importa il giusto, perché sono comunque stimoli, ricevi notifiche, hai cose nuove da vedere, e poi si mettono a litigare su questioni per le quali non c'è uno stracazzo da litigare.
Chiariamo che non è un post del tipo "in questo locale non c'è wi-fi, talk to each other", quei discorsi mi fanno ancora più cagare perché sono dettati dalla stessa ignoranza. Se devo prendere il treno e mi sono dimenticato il libro o il fumetto che dovevo leggere, NON MI METTO A PARLARE CON QUELLO CHE STA VICINO A ME. Non l'ho mai fatto anche prima dello smartphone. E non l'ha mai fatto nessuno, quindi non capisco questa smania di parlare col prossimo. Però imparare ad usare i propri mezzi tecnologico con un minimo di coscienza e cognizione di causa non sarebbe malvagio.
Dopo aver nuovamente perso di vista il filo del post, concludiamolo qui.
Adieu, nel prossimo post vedo di fare la fatidica classifica della musica del 2014.
Sono l'unico stronzo che non l'ha fatta uscire nella prima metà di dicembre e, indovinate, sarà una delle poche col disco di D'Angelo. Sucate.

sabato 6 dicembre 2014

Sabati violenti

Uno vorrebbe tornare ad avere 11 anni. Oddio, IO vorrei tornare ad avere 11 anni.
Zero cazzi, non avevi manco idea di cosa fosse la masturbazione, quindi le donne le puoi togliere dall'equazione, e dio solo sa quanto questo sia un fattore importante, di preoccupazioni scolastiche manco l'ombra, l'unico cruccio vero, ma proprio concreto, era come avrebbe fatto Goku a sconfiggere Freezer nell'ultima trasformazione.
Che bella cosa, Dragon Ball visto a 11 anni. Una delle grandi cose che mi sono capitate nel corso della vita, senza dubbi.



Invece no, stiamo il 6 dicembre sclerati per un esame di sociologia di merda con i libri scritti dal professore idiota che si diverte ad usare costruzioni arcaiche, pleonastiche e inutilmente lunghe solo per far vedere che è bravo, a dover fare i conti con il genitore e la sua incipiente crisi di mezz'età, con gli elefantiaci complessi d'inferiorità della fidanzata e con la legge di Murphy che ti insegue costantemente manco fossimo in Duel, e l'unica cosa che riesci a fare il sabato mattina è stare davanti al pc a leggere i reportage di Fumettologica sul BilBolBul, stare su Tumblr (dove per altro torna il leitmotiv di Dragon Ball) e ascoltare a tutto volume il primo disco dei Velvet Underground.




Ed io che da piccolo dicevo che da grande avrei fatto il criminale.
Quand'è che ho perso di vista l'obiettivo?

mercoledì 5 novembre 2014

Sindrome di Stoccolma: Lucca Comics and Games 2014

Titolo molto azzeccato stavolta, mi faccio pat-pat sulla spalla da solo.

Dopo diversi anni d'assenza sono stato al #LuccaCG14, come lo chiamerò d'ora in poi per comodità. Non avevo in programma d'andarci principalmente perché sono povero in canna e per andarci bisogna muoversi con largo anticipo a meno che non si abiti al nord, e io modestamente al nord non ci abito. Polentoni bastardi privilegiati dalla geografia. Non avevo intenzione di andarci se non fosse che la mia consorte ha avuto l'inopinata idea di concertare sforzi organizzativi ed economici per mandarmici. Chiaramente, se non è il miglior regalo di sempre, rientra quantomeno nella top 3, ma proprio a mani basse. Fatto sta che a 'sto #LuccaCG14 ci sono andato l'1 e il 2 novembre, ovvero gli ultimi giorni.
Gli ultimi due giorni, che per Lucca notoriamente capitano di sabato e domenica, sono i giorni peggiori per esserci, quelli con più pubblico. E, considerati i numeri di quest'anno, non potete neanche immaginare cosa sia stato il sabato a mezzogiorno a piazza Napoleone. Anzi, eccovela. E gli ultimi due giorni sono quelli che rendono possibile l'andare al padiglione Panini (ho dovuto lavarmi la colpa di dosso dopo averlo fatto) e sentirti dire "abbiamo finito tutte le copie sia di Papernovela che di Original Sin".
Ad ogni modo, non è che posso fare lo schizzinoso, quindi la cosa è andata così:

Primo giorno: vengo accolto da questo tipo di folle, la sensazione è di per sé brutta ma persisto. Padiglione degli editori di piazza Napoleone, un salto velocissimo al padiglione dei games, un salto nei padiglioni delle fumetterie per vedere che ormai non si trovano più le occasioni di qualche anno fa e a quel punto è meglio sostenere le fumetterie locali che i soldi per andare a Lucca non li hanno, incontrare amiki di forum e amiki di università, sbavare per un paio di minuti dietro una cosplayer di Sakura e tornare all'attacco al padiglione degli editori, che lì gli sconti li facevano, di tanto in tanto. Nel frattempo, in mattinata ho fatto la fila per avere gli autografi di Brian K. Vaughan e Fiona Staples (in un contesto infernale: circa mezzogiorno, sotto il sole, in una strada completamente stracolma di gente che si sentiva male per il caldo e con le ambulanze che dovevano passare. Scene da degrado urbano se solo non ci fosse stata saltuariamente qualche parrucca di colore stranissimo sbucare dal nulla), di Immanuel Casto (ragazzi, di Squillo oltre al fumetto ha fatto anche il preservativo - comprati entrambi, chiaramente), Paco Roca, Nicolò Pellizzon, Gipi e un acquarello strepitoso di Chloé Cruchaudet. Il bello è che per tutti questi la fila è stata totalmente nulla rispetto a quella di Vaughan. Per Gipi ho aspettato dieci minuti scarsi mentre faceva un gran bel disegno sulla copia di qualche fortunato acquirente e sono pure riuscito a scambiarci due battute, la Cruchaudet me l'ha firmato appena sono arrivato, Pellizzon me l'ha praticamente consegnato già fatto e quello di Paco Roca manco lo volevo, ma quando ce l'hai davanti e ha appena finito un altro volume non puoi rifiutare.

Secondo giorno: dovendo effettuare solo acquisti su commissione per gli amici, mi sono fatto un bel giro nella zona games, ho sfanculato la Japan Town perché una fila di 200 metri non s'affronta, ho visto la zona a tema Assassin's Creed - eccezionale, una delle rare forme di promozione che avrebbe potuto influenzare direttamente l'acquisto del gioco se solo avessi avuto la ps4 -, sono andato a fare le compere per gli amici, sono stato 10 minuti buoni a sentire una band fare cover ska delle sigle dei cartoni e addirittura sono riuscito a vedere le mostre che c'erano al Palazzo Ducale - stupende quelle su Dell'Otto e Araki, molto bella quella su The Walking Dead - cosa che non avrei immaginato neanche nel sogno più roseo.

È una manifestazione bellissima: mentre la band ska suonava, mi sono guardato intorno e vedere quaranta-cinquantenni ignorare bellamente i figli per cantare la sigla di Uforobot è una cosa che non può fare che bene al cuore. Poi finalmente possiamo vantare un evento di notevole caratura di cultura pop in Italia, cosa che non ci è mai riuscita e questa è l'unica eccezione. E poi è ormai a tutti gli effetti un'istituzione, è l'equivalente per il mondo del fumetto di quello che il Primavera è per la musica indie, se ti piace ci vuoi andare.
Però davvero, ormai ci va troppa gente. E non è una lamentela tipo "ormai è mainstream", non mi permetterei mai di lamentarmi per una cosa del genere, ma il fatto è che folle di questo tipo per una situazione come quella del centro storico di Lucca sono assolutamente ingestibili e controproducenti. Il sabato pomeriggio sono stati costretti a limitare gli accessi al padiglione di piazza Napoleone e a quello dei games perché dentro c'era troppa gente. Non voglio suggerire come e se ripensare alla location perché non sono in grado di farlo e non voglio farlo, ma ci si potrebbe pensare. E non voglio neanche dare la colpa ai games per questo "degrado" (e parlare di degrado è molto coraggioso, considerando i 240.000 biglietti strappati), visto che cose come i games e i cosplay sono state parte integrante del successo di Lucca, tanto quanto la presenza di Hollywood ha reso il Comicon di San Diego quello che è, con la differenza che Lucca dà ancora importanza ai fumetti.
Due parole sull'audience, in particolare quello giovane. Non avevo mai realizzato la portata dei danni che i doppiaggi di Italia 1 avrebbero apportato sui giovani. Ho avuto diversi esempi di bimbi che parlavano come i cartoni animati e, quando ne sono stato testimone, ho pensato che in fin dei conti era una cosa che ci poteva stare, ma vedere 15-16enni che fanno lo stesso è abbastanza destabilizzante. Quand'è che si è passati ad avere un bisogno così preponderante di farsi notare da qualcuno? La scena più agghiacciante di tutte è stata una ragazza (che mi sembrava pure abbastanza cresciuta, ma spero di sbagliarmi) che ha detto a voce alta una cosa tipo "Oddio, sto intravedendo Zerocalcare, sono la persona più felice del mondo". Ora, non è per fare il radical chic di stocazzo o per sminuire il buon Zero, però a tipo 5 metri avevi Vaughan, a 20 c'era Igort e a 21 c'era Gipi. Altro che Calcare, a cui pure si vuole bene (e se la Bao si muovesse a farmi arrivare Dimentica il mio nome gliene si vorrebbe anche di più).

Avrei voluto scrivere un post più articolato ma, alla fine, chi è stato a Lucca sa già com'è e non c'è grande bisogno dell'ennesimo report.

Avevo pensato a fare pure delle premiazioni agli annunci (premiazioni parzialissime perché non sono stato capace di trovare gli annunci di tutte le case editrici che mi potevano interessare e perché di molte cose non me ne frega un cazzo), e quindi procediamo. Ah, aspettatevi una grande presenza della Panini nelle categorie meno onorevoli.

Truffa più grande di Lucca: la variant di PK Giant (in realtà tutte le variant sono delle truffe e delle cose da estirpare dal mercato, ma questa è veramente la più clamorosa che mi sia mai capitato di vedere. Uno scandalo vero e proprio).
Annuncio più inutile: le figurine Panini saranno disponibili anche in fumetteria. Questa è dura da battere.
Annuncio più LOL: un artbook di Death Note all'agile prezzo di 79€. Ve lo scrivo a lettere: SETTANTANOVE EURO. Alla Panini sanno come non farci annoiare.
Annuncio più KITEMMURT: Hip Hop Family Tree alla Panini. Anche questo è difficile da battere.
Annuncio più curioso: non sono certo della veridicità della cosa, ma diverse persone mi hanno riferito che avranno a che fare con Dylan Dog sia Ratigher che Nicolò Pellizzon.
Annuncio più :/ : Sex Criminals alla Bao. Niente da dire sulla Bao, ma questo significherà un'edizione simile a quella di Saga: bellissimo oggetto ma prezzo decisamente troppo alto. Continuerò a comprarlo in lingua, riservando l'acquisto del primo volume italiano in caso di eventuale presenza a qualche fiera di quella persona meravigliosa che è Matt Fraction.
Annuncio più prevedibile ma nonostante questo più fomentante: la Dynit distribuirà al cinema il nuovo film di Ghost in the Shell. Non Arise, dico proprio al nuovo film che stanno ancora sceneggiando. Erezioni.

E, attenzione, ecco il momento tanto atteso!

Annuncio migliore: Building Stories di Chris Ware alla Bao (c'è seriamente da far festa). Secondo classificato, la ristampa completa di Dr. Slump e Arale dalla Star Comics. Terzo classificato: Rocket Girl alla Bao. Gli altri in nomination: la Goen che pubblica la nuova serie sceneggiata da Masamune Shirow e disegnata da Koshi Rikudo (!), la nuova raccolta di storie brevi di Hirohiko Araki, sempre la Goen che si è presa la nuova serie di Shinichi Hiromoto, la ristampa formato Bonelli di Hellblazer, la ristampa di Maison Ikkoku, il volume speciale su Chopperman.

Infine, tutta una serie di tweet che ho scritto durante la manifestazione.
Lucca file, Comics & Games.
Lucca ambulanze, Comics & Games.
Doppietta di punti di vista: Lucca Comics & Comics & gente che parla dei Games (io)/Lucca Games & Games e un sacco di gente che va ai Comics chissà perché (molti altri).
Finalmente una cicciona che fa un cosplay adatto a lei scegliendo Ursula de La sirenetta. Brava, ce ne vorrebbero di più copme lei.
Proponiamo un ddl che proibisca i cosplay di fumetti sul basket che non abbiano scritto SHOHOKU sulla canotta. Seriamente.
Standing ovation (LOL) per il paraplegico che ha fatto il cosplay di Clara di Heidi.
Ma soprattutto, la frase più ricorrente per tutta la fiera:
Belle tettBEL COSTUME

giovedì 9 ottobre 2014

I mort d'i sald (trad: maledetto danaro)

Prima di tutto, leggetevi quest'articolo, poi continuiamo.
Diciamo che ho colto al balzo la palla offerta da quest'intervista per scrivere questo post, che stavo covando da un po' ma non ho mai trovato il tempo la voglia di scrivere.

Non voglio fare un post a punti, però vediamo di procedere a pari passo con l'intervista.
Primo punto che mi "insospettisce" (in mancanza di termine migliore) è il fatto che questo qui rappresenti così tanti autori importanti e faccia delle dichiarazioni contro un fenomeno nuovo che intralcia la strada in discesa di chi c'era già mi riporta sempre troppo velocemente alla mente le parole "status quo". Mi ricorda molto il fenomeno dell'industria discografica per il quale si intervistano i capoccia delle major che si lamentano che l'industria sta pian piano marcendo, mentre loro hanno comunque sotto contratto i One Direction, Lady Gaga, Springsteen e compagnia e riescono comunque a tirar su cifre a sette zeri, mentre quelle che soccombono sono le etichette indipendenti, che fanno sempre più la fame e che però non si incula nessuno. Se avessi voluto una testimonianza sulla decadenza dell'industria sarei andato a sentire un qualche editore più piccolo che a fatica riesce a pagare l'autore, non l'agente di Kundera e Roth. Di questa storia dello status quo ne torniamo a parlare, comunque.

La crociata degli editori contro amazon. È giusta, secondo me. Sono sempre stato d'accordo col supportare chi va contro il monopolio, per quanto amazon abbia una marea di lati positivi dai quale difficilmente mi separerei. Però io lo sono per un motivo diverso. Wylie tiene il lato degli editori che, a suo dire, guadagnano meno (anche se, per capire bene di cosa si sta parlando, preferirei un articolo con cifre, nomi e date), io tengo il lato di chi grazie agli editori campa, le librerie. Il fatto che un sito riesca a vendere a costi molto più bassi di quanto riuscirebbero mai a fare le librerie non mi piace. C'è anche da dire, però, che c'è anche il rovescio della medaglia: ricordo benissimo le discussioni che impazzarono quando, qualche anno fa, uscì la cosiddetta legge "anti-amazon" in Italia, che cercava proprio di prevenire questo spiacevole fenomeno che vi ho appena descritto. Praticamente stabiliva che sui libri non si poteva fare uno sconto maggiore del 25%. In genere le lamentele che si facevano a quella legge erano due:
1) Ma se qualcuno ha la possibilità di vendere, faccio per dire, Unastoria di Gipi a 10€ invece che a 18, perché non glielo si dovrebbe permettere? No, perché io ci risparmio non poco.
2) In questo modo si favoriscono di tantissimo le grandi catene tipo la Feltrinelli, che di sconti possono farne quanti ne vogliono.
E poi nell'articolo di Repubblica il tipo arriva a incensare le Feltrinelli come un modello probabilmente vincente di business per gli editori. Il problema è, anche in questo caso, che non si considerano i piccoli negozi, che comunque con una Feltrinelli in città mica fioriscono, anzi.

Comunque qui si continua a girare attorno al vero e unico problema. I LIBRI COSTANO ASSAI.
E così come i libri anche i fumetti, e così come i fumetti anche le riviste che non hanno dietro chissà che colosso editoriale che riesca a tenerne basso il prezzo di copertina, anche attraverso 150 pagine di pubblicità: a fronte di un Ciak e di un IL, ci sono dieci Rumore.
I libri costano assai, a prescindere da quello che dice Michele Foschini sul blog della Bao. Ci credo, eh, non è che non ci credo, però comunque il prezzo è troppo alto. E se è alto per dei libri a fumetti, che hanno anche dei costi di stampa molto alti per la presenza del colore, le pagine più grandi e tutto il resto, è ancor più vero per i libri.
A tal proposito, l'esempio dell'iniziativa della Penguin. È molto bello, è molto sull'onda "give back the power to the people", è molto diciamo protettivo nei confronti delle piccole librerie - da notare come, salvo poche eccezioni, gli editori siano spesso a favore dei grandi punti vendita e gli autori siano a favore delle piccole librerie, che mi pare abbastanza interessante -, però, se il libro costa tanto, io che incentivo avrei di comprarlo a prezzo pieno, fosse anche in libreria, invece di prenderlo scontato da amazon? Anche perché, tutto considerato, quest'iniziativa mi sembra semplicemente il seguire quello che si fa da decenni: ordini un libro e dopo qualche giorno ti arriva in libreria. E non si può manco più puntare sul fatto che così puoi ordinare da casa, perché ormai qualsiasi esercizio commerciale ha una pagina facebook sulla quale puoi scrivere e chi di dovere ti tiene da parte il nuovo della Allende, uno dei libri per l'esame x o un etto di crudo in offerta. Certo, ci sono delle differenze, nel senso che in questo caso il libro 1) ti arriva e 2) ti arriva in tempi ragionevoli, ma a parte quello? Poco, mi sembra.
Il paragone tra quello che amazon ha fatto per l'industria libraria e quello che la Apple e iTunes hanno fatto per il mercato discografico non ha semplicemente senso. Punto e basta. Da qualsiasi punto la si guardi è falsa, sbagliata e denota anche una certa chiusura mentale e incapacità di giudicare i fenomeni su quelle che sono le nuove regole del mercato e i nuovi standard di giudizio.

Poi c'è la questione, moooolto interessante, di amazon come editore. Wylie (nome, comunque, che una volta scritto questo post e chiusa la scheda con l'intervista dimenticherò vita natural durante) dice che il massimo a cui amazon possa ambire sono, cito testualmente perché è un'espressione bellissima, «i semianalfabeti convinti di essere dei geni». Novantadue minuti d'applausi. Seguendo il ragionamento che fa nell'articolo, effettivamente, si fatica a dargli torto, pare avere proprio ragione. Io però starei attento a sottovalutare la cosa. Se amazon dovesse continuare ad essere un protagonista così importante del mercato, non solo di quello librario, riusciamo davvero ad escludere categoricamente che questi semianalfabeti convinti di essere dei geni non diventino un fenomeno editoriale e facciano un notevole volume di vendite? Non lo so, io non ci riesco così a cuor leggero. D'altra parte, di esempi di questo genere, in particolare qui da noi, ne siamo pieni: quanti blog abbiamo visto riscuotere un buon successo e subito una qualche casa editrice gli propone di scrivere un libro? Per dirlo in altri termini e usando un altro paragone: quanti youtuber abbiamo visto fare qualche centinaio di migliaia di visualizzazioni e subito finire al cinema con risultati che, quando non ispirano pena, ispirano compassione? Almeno una mano la riusciamo a riempire, ed è un fenomeno molto recente, quindi tutto lascia pensare che la casistica aumenterà. Non sono tutti Zerocalcare. E poi, a parte il fenomeno dell'abbassamento degli standard, c'è anche da considerare l'altra parte della medaglia: e se Wylie si sbagliasse? E se amazon riuscisse effettivamente a pubblicare autonomamente un paio di autori molto grossi e molto importanti? Perché va bene che moltissimi autori importanti sono apertamente schierati dalla parte dei piccoli, però i soldi so' comunque soldi. Se dovesse succedere questo, e amazon passasse non solo a dare un anticipo agli autori, ma anche a dar loro una piccola percentuale sui mastodontici profitti che possono generare? A quel punto un effetto valanga sarebbe molto probabile, e a quel punto veramente gli editori piangerebbero lacrime amare. E sarebbe un ennesimo caso in cui un'industria vecchia non riesce ad affrontare le nuove sfide portate da internet.


Infine, la questione ebook. Il tipo dice che lui quando fa i viaggi intercontinentali si porta sempre dietro due libroni e non ha mai avuto problemi, e noi non abbiamo motivo di metterlo in dubbio. Però vuoi mettere a farti un viaggio col kindle? No, perché io andai a Londra mentre ero nel pieno della lettura di Infinite Jest e portarsi dietro un bambino di 1400 pagine non è che sia proprio un amore di esperienza. Col kindle quando ti sei stancato di leggere il mattone puoi leggerti un hentai senza dover aprire la valigia. Vuoi mettere il vantaggio?
Poi c'è anche un altro punto sensibile, relativamente agli ebook. Questi sarebbero una grande cosa se veramente si potessero sfruttare le potenzialità del mezzo, ma a me pare che gli editori pensino che gli ebook li comprino solo le persone che non hanno spazio per prendere il cartaceo, e spesso li fanno costare tanto quanto il cartaceo, o quasi. Cioè, se uno vuole leggere titoloacasodelsuccessodelmomentosucuihaideidubbi mi spieghi quale ragionamento mi dovrebbe far preferire a 19€ di cartaceo 17€ di ebook? E grazie al cazzo che scelgo il cartaceo. Se è quello il motivo per il quale la carta resterà sempre compagna fedele della nostra vita, mi sa che siete un attimo fuori strada. E soprattutto, dal punto di vista dell'editore, con l'ebook tu guadagni pulito, non dovendo affrontare altra spesa che quella dell'impaginazione digitale. Gli editori dovrebbero sponsorizzare l'ebook, visto che ci guadagnano di più perché hanno meno spese da coprire. Però porco dio, non potete farmi pagare un ebook 15€. Cioè, io il kindle non l'ho preso per scaricare i libri piratati. E non l'ho manco preso per approfittare dell'offerta eccezionale della Newton Compton che ti mette tutti i romanzi di Sherlock Holmes a 3€. Non dico di far pagare tutti gli ebook 3€, macheccazzo neanche 15.
E poi il discorso sugli ebook mi riporta sempre, ogni volta, alla mente il discorso sullo status quo che avevo iniziato prima. Premesso che, se dovessero arrivare degli studi che provano seriamente quanto stia dicendo Wyles sulla superficialità della lettura di ebook rispetto alla profondità e organicità di una lettura cartacea, dovrei solo star zitto, anche perché è già un periodo che penso che l'uso del cellulare/tablet o comunque l'esposizione prolungata ad uno schermo che emette luce abbia effettivamente effetti deleteri sull'attenzione. Però il discorso alla base è molto, molto, molto, molto stupido. Più che altro la storia ha dimostrato che quest'approccio è sbagliato. Cioè. Agli occhi di chi detiene "il potere" in un campo artistico, ogni nuovo mezzo di diffusione/riproduzione dell'opera d'arte è una cosa che abbassa il livello in cui la suddetta arte era prima. Adesso è l'ebook che ammazza il libro, prima era l'edizione tascabile che uccideva l'anima del libro e il mercato librario. In un altro ambito: l'avvento della fotografia avrebbe ammazzato la pittura, salvo poi l'arrivo di gente come la Arbus o Mapplethorpe che ha fatto ricredere chiunque. In un altro ambito: il cinema ammazza il teatro e non è nient'altro che un passatempo frugale e volgare, salvo poi l'arrivo di gente come Kubrick o Bergman. In un altro ambito: la televisione ammazza il cinema, salvo poi l'arrivo dei Sopranos, di Seinfeld, di Breaking Bad. In un altro ambito: il disco ammazza la musica, salvo poi l'arrivo del rock. Il cd ammazza il vinile, salvo poi l'arrivo di gente come Tool e Wu-Tang Clan.


Poi, ripeto, io non ho studiato economia, ci mancherebbe, però ecco, credo che se un bene popolare come il libro lo metti ad un prezzo accessibile a chiunque (perché non tutti possono spendere 20€ per 300 pagine di un libro che magari non è manco tanto bello), è più facile che la percentuale di gente che negli ultimi 12 mesi non ne ha letto manco uno diminuisca un attimo dal 52%. Ipotesi mia, eh, non sto vendendo nessuna verità, però mi sembra abbastanza plausibile, soprattutto in tempi come questi in cui la gente non c'ha una lira manco a pagarla e ci si lamenta sempre della pirateria.

giovedì 5 giugno 2014

You gotta love sports


Purtroppo noi in Italia abbiamo dei grandi problemi per quanto concerne lo sport. Uno di questi è la pigrizia mentale che ci ha sempre contraddistinto: oggi riflettevo che il primo disco dei Moderat è uscito nel 2009 e qui da noi A New Error è diventata minimamente conosciuta solo ora. E per colpa di uno spot, mi dicono quello dell'Enel. Giusto per fare un esempio.
Per entrare nello specifico sportivo, la preponderanza culturale del calcio in Italia ha fatto sì che, mantenendo i tg sportivi e non il piano dell'attenzione solo su di lui, non ci si interessasse di altro. Anzi, riformulo meglio, ha fatto sì che si pensasse che nient'altro meritasse più di tanto attenzione. Chiaro che le vittorie e le eccellenze in altri campi erano sempre celermente celebrate, d'altra parte la fama della Cagnotto e della Pellegrini e della squadra di scherma non si spiegherebbero altrimenti, così come le 3 tenniste arrivate ai piani alti del ranking mondiale. Però, per spiegare bene come lo sportivo medio italiano sia appiattito (e incuriosito, quindi) culturalmente sul calcio, basta citare il fatto che l'evento più seguito delle Olimpiadi sono le finali di corsa di 100 e 200 metri. Ok che sono le più seguite worldwide, però è curioso il fatto che lo siano anche in Italia, dove lo sport individuale è sì forte e radicato, ma non nelle masse. La corsa dura 10, massimo 30 secondi ed è finita, si gioisce subito e poi ci si ricorda di Bolt solo quando c'è un'altra competizione trasmessa dalla Rai o quando viene eliminato da qualche parte del mondo. Secondo me, questo è paradigmatico. Inoltre, si aggiunga come ho sentito diverse persone dire, seriamente, senza un sorriso sardonico sul volto mentre pronunciavano le loro parole, che per i più grandi atleti del mondo si poteva anche non andare oltre Ibrahimovic o Cristiano Ronaldo. Se non vi viene da ridere, mi dispiace.
L'altro grande problema è che gli anni '70 sono rimasti sotto la pelle dell'intellighenzia molto più e molto peggio di quanto sarebbe salutare. Il problema è che c'è una buona frangia della popolazione che vede lo sport in malo modo, quasi fosse il corrispettivo non cinematografico dei cinepanettoni. Ed è fondamentalmente questo il motivo per il quale la dimensione sportiva da noi si è appiattita nell'attualità, e le persone come Buffa (che al calcio è solo prestato, è bene ricordarlo), che cercano nello sport la dimensione personale e collettiva dietro il mero atto sportivo, sono così rare. Anzi, a parte lui non ci sono proprio. Da un lato è anche fisiologico che ci sia quest'opinione. Se il calcio è l'unica cosa che interessa buona parte della popolazione, e si è arrivati che il calcio, stando a quanto testimoniato sempre da Buffa, è un vettore notevole di voti elettorali, è anche giusto pensarla così. Poi, certo, bisognerebbe chiedere a queste persone da quando la massa generica ha interessi "alti", "nobili" e tutto il resto, visto che storicamente non mi risulta una cosa così frequente. Ma comunque. Sono convinto che, se aveste visto uno speciale di Buffa Racconta, che sia sul basket o sul calcio poco importa, ma anche solo una delle storie che racconta in radio, in particolare per la serie When We Were Kings, probabilmente non fareste parte di questa folkloristica, antiquata e voglio-essere-elitarista-a-tutti-i-costi-e-poi-magari-mi-dichiaro-comunista schiera.
La bruttura che queste cose hanno portato è che in questi giorni non si parla di quello che è sicuramente uno dei 3 più grandi eventi sportivi del mondo, ovverosia le NBA Finals.

In particolare quest'anno, dopo il primo turno più elettrizzante di sempre, probabilmente, e dopo che si sono viste cose come il buzzer beater di Vince Carter, il veramente chi era costui Troy Daniels che vince la partita quando poi la serie te la vince questa cosa qui del Damiano Lillardo, i Clippers che prima vincono contro i Warriors del praticamente predestinato Curry nonostante l'affare Sterling e poi la serie contro i Thunder, con un finale di partita come questo e una difesa, oddio una difesa, una serie veramente commovente di Chris Paul che qui difende contro Durant in una maniera che a scuola non insegni perché l'onnipotenza o ce l'hai o non ce l'hai, una Memphis che vien difficile non tifare, un pubblico di Toronto che fa andare a gara 7 gli immarcescibili Pierce e Garnett e, ultimi ma assolutamente non ultimi, gli Indiana Pacers, su cui non mi dilungo perché poi non la si finisce più. E poi la serie degli Spurs contro i Thunder, probabilmente la serie più bella di tutti i Playoff finora, in cui solo quelli che Zach Lowe ha definito Spursgasm sono riusciti ad avere la meglio su Russel Westbrook e tutti gli altri, che se avessero vinto la serie avrebbero tranquillamente avuto il potere di far cambiare nome alla manifestazione e farla chiamare Westbrook Conference Finals.

Io aspetto l'evento come un bimbo aspetta la mattina di Natale, come un monaco buddista aspetta l'illuminazione ed il Nirvana. E non perché le Finals sono l'evento sportivo più bello da seguire che ci sia, per me. Il motivo sta proprio nei motivi snobbati dalla gran parte dei media italici: le storie che ci sono dietro. E sono storie vere, mica le 32 stelle sul campo.
Prendiamo gli Spurs: se dovessero vincere, vincerebbero un titolo dopo sei stagioni dall'ultima volta con lo stesso identico nucleo di giocatori, e una cosa del genere penso che sia riuscita solo ai Celtics di Russel e Auerbach - ma grazie al cazzo, quelli vincevano ogni anno, ci mancherebbe. Quindi fondamentalmente sarebbe l'unica squadra di umani capace di farlo, finora. E per "finora", intendo da qui a un bel po' di tempo. E poi, oh, gli Spurs sono troppo vecchi, mica ci arrivano fino in fondo! Duncan, se vincesse quest'anno, vincerebbe il 5° titolo, gli stessi di Kobe, gli stessi di Magic. Cose da poco, no? Poi, ciò non toglie che sia uno dei giocatori più grandi di tutti i tempi, roba da top 10 o, massimo, top 15 di sempre. E poi, sempre per rimanere sul fattore vecchiaia, sai che goduria sarebbe per R. C. Buford, che ha vinto solo un premio di Executive of the Year ed è riuscito a tenere sempre (ok, il merito non è solo e soltanto suo, ma capiamo bene come il merito sia anche suo, no?), e dico SEMPRE, la squadra sopra le 50 vittorie da quando è arrivato Duncan. Si parla di 17 stagioni. D I C I A S S E T T E. E, come ho detto prima, questo qui vincerebbe un titolo dopo sei stagioni dall'ultimo titolo. Poi, parliamoci chiaro, andare in finale due volte dopo, rispettivamente, cinque e sei anni dall'ultima volta comunque lo metterebbe in una posizione mica male, ma vincere il titolo, ovviamente, ha tutt'altro sapore.
Giriamo invece la moneta sul lato di LeBron (Miami Heat? Qualcuno ha detto Miami Heat?): fino a pochi anni fa era un perdente, era quello a cui, se prestavi un dollaro, ti restituiva 75 cents perché "he's lacking a quarter", era quello che per vincere è dovuto emigrare altrove e lasciare la sua città e squadra del cuore (e ora sono tutti dalla parte di Kevin Love o tutti hanno visto come cosa normale il trasferimento di Melo o di Howard, fatti salvi i rispettivi drama). Ora sta andando a vincere il terzo titolo in tre anni. Anzi, guardando meglio, potrebbe vincere il terzo titolo in tre anni, ma comunque è andato in finale quattro volte negli ultimi quattro anni. A chi è che è successo? Sono pochini, roba che nelle dita di una mano ci stanno larghi. Adesso, LBJ è considerato il più forte giocatore del mondo, anzi, È il più forte giocatore del mondo, credo e spero senza obiezioni di sorta. Di più, è l'atleta più grande del mondo, nonostante Westbrook. È l'atleta più grande del mondo sia per le capacità, appunto, atletiche, perché andare a quella velocità trasportandosi dietro 115 chili di muscoli a 2.03 metri d'altezza me lo dite voi chi è che lo sa fare oltre a lui, e poi perché a questo dovete unire il fatto che è sicuramente il giocatore più completo della storia del gioco, e raggiunge livelli d'eccellenza assoluta non solo nel segnare, ma anche nel passaggio, nel rimbalzo, nella visione di gioco e, non ultimo, nella difesa, anche se quest'anno sta un po' prendendosi le ferie non annunciate e non gradite come Don Draper nella seconda o terza stagione di quel capolavoro di Mad Men. E poi, nel 2014 se l'Inter ha fatto il triplete, lui ha fatto il suo quadruplete: MVP, titolo NBA, MVP delle finali e oro olimpico. Ovviamente, atleta dell'anno per Sports Illustrated, che qualcosina la sa.
Inoltre, giusto per dire qualcosa a chi ancora pensa che LeBron non sia questo e non sia quello, mi dite chi è che, dopo Jordan, è stato capace di rendere la sua squadra la favorita per il titolo anche solo per il fatto che quella sia la sua squadra? Perché, onestamente, togliete LeBron e venitemi a dire che quest'anno Miami ha UNA possibilità di vincere contro questi Spurs. Non ci crede manco Pat Riley. Se LBJ non è il Jordan di questa generazione (non meglio di Jordan, ma il nostro Jordan), allora non c'è nessun Jordan di questa generazione.

E poi, giusto per andare di record e statistiche, questa finale ha in campo il terzetto con più vittorie nella storia dei Playoff, e di questo terzetto Parker è il quindicesimo miglior realizzatore della storia dei Playoff, mentre Duncan è il quinto - e il terzo miglior rimbalzista. Miami, d'altra parte, ha uno che è l'8° miglior realizzatore dei Playoff con ancora almeno 5 o 6 anni di carriera davanti, e Wade è il 18°. Male? No, non male.

Ma soprattutto, questa è la rivincita delle finali dello scorso anno. C'eravate, lo scorso anno? Ve le ricordate le finali dello scorso anno? Ve lo ricordate Green, che sembrava essere l'incarnazione dell'alta percentuale da 3 punti e poi nelle gare decisive è stato, traslando dall'americano all'italiano, obliterato dal gioco in quello che sembra un'ovvio capriccio degli dei del basket? Ve lo ricordate Kawhi Leonard, salvatore assoluto della patria, capace di far bestemmiare LeBron al suo rientro in campo? Ve lo ricordate Battier, che praticamente risorge solo in gara 7 (IN GARA SETTE) dopo aver clamorosamente firmato assente nelle precedenti 6? Ve lo ricordate Tony Parker in gara 1? Ve lo ricordate cos'è stata la gara 6, a prescindere dal tiro di Allen? Ve lo ricordate il tiro di Ray Allen? Sì, ok, quello penso ve lo ricordiate. Ve lo ricordate Duncan alla fine di gara 7? Non avete pianto, quando avete visto Duncan fare quello che ha fatto? Io sì.


E non pensate a quanto sangue amaro abbiano in corpo tutti gli Spurs quando entreranno in campo per giocare questa serie? Se non siete gasati come la Coca con le Mentos, siete delle persone orrende. Pessime.

giovedì 29 maggio 2014

Le top 10 sono il nuovo cazzo (che era la nuova figa)

Mi è venuto di fare questa top 10 sulla scia di quelle pubblicate da un po' di tempo a questa parte da quelli di Animeclick. Chiaramente si parla di fumetti giapponesi (manga non me lo sentirete usare quasi mai, forse solo nei tag che metto al post, ma ancora non lo so).
Mi sto rendendo conto che, man mano che il tempo passa, la gente comincia ad avvicinarsi ai fumetti sempre più tardi. Sto notando che la gente con cui parlo, da qualche anno a questa parte, quando si parla di fumetti, è magari ferrata sull'attualità o sul recentissimo passato, ma niente di più. Non mi riferisco alla memoria storica, non dico che devi conoscere tutto quanto di tutto di tutti, però l'impressione è che non si cominci a fruire di qualsiasi tipo di fumetti, fossero anche quelli porno (sempre siano -lodati), prima tipo dei 17-18 anni. Che, se vogliamo, da un certo punto di vista va anche bene, perché più o meno è quello il periodo in cui cominci a capire esattamente cosa ti piace e cosa no, però cazzo, i fumetti sono o non sono sempre stati una cosa per bambini? Ora, va bene che quando si è adolescenti si vuole sempre sembrare più grandi e tutte quelle cazzate là, però che fine hanno fatto i brufolosi che leggono Spiderman e Batman? Che fine hanno fatto quelli che comprano Dragon Ball dopo che hanno sentito che il cartone in tv è stato censurato? Cioè, io ricordo che queste figure erano non dico frequenti, ma c'erano, era tutto vero, la realtà era quella. Quand'è che il fumetto (quantomeno quello mainstream) è passato dall'essere un mezzo nazionalpopolare ad essere una cosa "da intenditori" o, peggio ancora, ma molto molto molto molto molto peggio, "da nerd"? Ridatemi il fumetto nazionalpopolare, ridatemi i bimbi che leggono Topolino e comprano le figurine dei calciatori e si picchiano perché il bimbo stronzo di turno t'ha inculato e ti ha dato solo due doppie della serie B per uno scudetto, quel pezzo di merda. Ridatemi i ragazzini che vanno in edicola a comprare Dragon Ball, la rivista di videogiochi e passano quei due minuti di nascosto a vedere le riviste porno. Raga, io ho 25 anni, non fatemi sentire vecchio così. Io a 12 anni, dopo aver abbandonato la lettura di Topolino forse da un anno, ho cominciato a comprare i primi fumetti che sceglievo io coi soldi che avanzavano quando mia madre mi mandava a comprare le sigarette. Avevo 12 anni, cazzo, e mi sono beccato la saga di Spawn in cui si ribella a Malebolgia e, cazzo cazzo cazzo, in quegli stessi volumi c'erano le storie M E R A V I G L I O S E di Sam & Twitch, a 12 anni leggevo, tra le altre cose, Dragon Ball, One Piece e Kenshin. Naruto ancora non c'era, ho comprato in edicola il primo volume appena uscito, compravo Rave all'uscita (prima di rendermi conto, a tipo 16 anni, che fosse una cagata e mollarla lì - e c'è gente di 20 e passa anni che esce pazza dietro a 'ste cose), mi combattevo i volumi di Death Note in edicola con un ragazzo dell'artistico e facevamo la gara a chi arrivava prima in edicola - e io per andarci, a quell'edicola, facevo deviazioni allucinanti prima di tornare a casa. Bei tempi. Nostalgia. Lacrimuccia. Those were the days.
Comunque niente, dopo aver constatato che sono vecchio e che ormai quando si parla di fumetti si pensa ai Marvel/DC e ai super-shonen, passiamo a 'sta cazzo di top 10.

Premesse utili per capire i criteri: i criteri sono che scelgo le cose che piacciono a me, quindi non attaccatevi ai coglioni come i boxer di lycra quando ti sei rasato i peli da una settimana.
Altro criterio: le cose inauditamente famose, o meritevoli a furor di popolo non le ho messe. Ci sono dei titoli, degli autori che, se non avete letto, siete dei poveracci. Chiaramente non metterò One Piece, che è un capolavoro fuori da ogni logica razionale per quantità d'inventiva e durata e tutto quanto, e probabilmente sarà la prima cosa che, se il finale sarà quantomeno degno di nota, porterà dell'inchiostro sotto la mia pelle, oltre ad avermi portato via spazio dalla libreria e dai muri. Non metterò Berserk, che non avrà mai un finale, e se l'avrà non sarà un finale all'altezza, ma quello che ha dato Berserk al mondo della narrativa in generale è pari a poco altro frutto dell'ingegno umano (ed è, attualmente, la rappresentazione del male migliore che abbia mai visto/letto/ascoltato). Non metterò Akira, perché è una cosa così bella e così famosa che la dovete leggere non certo perché lo dico io, ma perché spero che un minimo vi vogliate bene. Idem dicasi per Nausicaä nella valle del vento (il fumetto, mica quella mezza ciofeca di film), che è una roba che mai avrei creduto possibile, con l'aggravante che ora Miyazaki pare Papa Francesco: non è previsto e/o accettato che se ne parli male. Ah, per inciso, quando parlavo di Akira mi riferivo a tutto Otomo, eh, che pure Domu è qualcosa che vedete di recuperare da qualche parte. Non metterò Death Note, che adoro, ma anche basta. E l'anime fa cagare oche vive. Non metterò Devilman, perché ai miei tempi l'edizione in 3 volumi da 15€ ciascuno della Dynamic (sigh) era un'oggetto di lussuria, neanche di culto, e perché Devilman lo dovete leggere. E non citerò neanche alcuni autori (è da un po' che sto pensando ad un'altra specie di top 10 degli autori, che forse è più interessante di quella dedicata alle semplici serie): niente Naoki Urasawa, niente Takehiko Inoue (che va ringraziato ogni mattina quando ci si sveglia, comunque), niente Tsutomu Takahashi, niente Jiro Taniguchi. Insomma, ci siamo capiti: state leggendo questo post, verosimilmente vi piacciono i fumetti giapponesi e non avete pianto e goduto leggendo Slam Dunk, Vagabond, Real, L'uomo che cammina, Monster, 20th Century Boys, Pluto e compagnia danzante? E di che cosa staremmo parlando, allora? Comunque dai, tra qualche tempo farò una top qualcosa degli autori e vedrò di spiegarmi meglio. Dai, vediamo di partire. Lacrime e sangue, lacrime e sangue. Anzi, ok per lacrime e sangue, però un ordine non riuscirei a metterlo neanche se mi sforzassi. Quindi sono 10, ma in nessun ordine specifico. Spero che vi vada bene. Mi sembra ragionevole, diciamo così.
Ah, e non faccio come tutte le cazzo di recensioni che trovate su internet, che iniziano mettendo mille righe di trama sputtanandoti praticamente tutto quello che c'è di bello da scoprire in una cosa che leggi per la storia. La storia forse ce la metto e forse no, ma ci metto le mie impressioni e basta. Fanculo a 'sto manierismo forzato che spesso nasconde nullità. Non che io sia da meno, ma almeno non mi nascondo.

Solanin
di Inio Asano, 2 volumi

Ecco, questo è uno di quelli che, quando farò il post sugli autori, ci sarà sicuramente perché lo amo. Ho messo Solanin perché Buonanotte Punpun non è ancora finito e mi si è raccontato di un calo sul finale. Non mi fido di queste voci tendenziose, Asano è bello. Comunque. Solanin è un fumetto con tutte le caratteristiche tipiche dei fumetti di Asano: i protagonisti sono dei, per usare un termine britneyspearsesco, più-che-ragazzi-ma-meno-che-uomini-o-donne-ci-siamo-capiti come chiunque. La loro situazione esistenziale è incerta, perché a quest'età nessuno sa che cazzo vuole fare nella vita in Italia, figurarsi come si devono sentire i giapponesi, con l'educazione e la tradizione che hanno e le varie crisi economiche che si trovano perennemente ad affrontare. Il problema, se così lo vogliamo chiamare, è che è una situazione nella quale gioco-forza ci si riconosce, i personaggi sono vividi e reali, gli eventi anche e Asano è bravo come pochi a ritrarre - o, meglio, a far trasparire - i sentimenti dei suoi personaggi. C'è anche da dire che poi in quasi tutta l'opera di Asano gli eventi principali sono eventi abbastanza tristi, quindi l'impatto emotivo è ovviamente più forte; ma, nonostante questo, i momenti di tranquillità, i momenti in cui i fidanzati ciondolano in casa sono ugualmente gradevoli, ugualmente coinvolgenti. Insomma, alla fine dei giochi è un tipo di narrativa che ti si appiccica addosso e, soprattutto, che rilassa. Non so bene come spiegarlo. Non sei trasportato dal corso degli eventi, non sei appassionato, ma sei lì. Capito cosa intendo?
E poi il disegno di Asano è particolarissimo, se ci si pensa: i disegni sono, in fin dei conti, anche abbastanza realistici e i personaggi si distinguono facilmente tra di loro, però il tratto è molto "fumettoso", non dico caricaturale ma sicuramente non troppo realistico sui volti dei personaggi.
Ma, d'altra parte, chiunque legga fumetti sa che il disegno è un fattore relativamente importante ai fini del godimento dell'opera (Gipi anyone?).
Quest'immagine è meravigliosa.

PlanetEs
di Makoto Yukimura, 4 volumi (o 3, dipende dall'edizione)

Mi sono accorto che metterò parecchie cose di fantascienza. La fantascienza però qui non è quella degli alieni o chissà che diavoleria, la fantascienza qui è tale semplicemente perché la vicenda narrata si svolge nello spazio. E non perché si parli di qualche razza particolare o di qualche cacciatore di taglie intergalattico (Cowboy Bebop, uno dei motivi per il quale amare l'essere umano). I protagonisti sono degli astronauti, quasi degli operai: i protagonisti sono gli incaricati di cercare di ripulire l'orbita terrestre dai detriti di qualsiasi genere che, appunto, orbitano attorno alla terra. Avete presente quel filmone bellissimo di Gravity di Cuaron? La scena in cui arrivano i detriti? Ecco, quelli di PlanetEs impediscono che si verifichino gli eventi di Gravity. No, non del fatto che la Bullock e Clooney vadano nello spazio. Comunque, anche qui la cosa che più mi piace è la dimensione umana. La gente lavora, la gente vive, la gente vuole una famiglia, la gente ha dei figli che aspettano sulla Terra, la gente ha anche i problemi medici derivanti da lunghi periodi a gravità zero. Aggiungete a questa fortissima, bellissima componente umana anche tutte le classiche riflessioni che derivano dal contatto con lo spazio aperto - la piccolezza dell'essere umano, l'immensità dell'universo, la complessità vertiginosa della vita e tutto il resto - e avete uno dei pezzi più pregiati della mia libreria. Tanta, tantissima roba. Chiaro, se cercate la fantascienza tutta cannoni protonici e spari, state alla larga.

Racconti brevi
di Hiroki Endo, 2 volumi

Hiroki Endo è l'autore di Eden, una serie che ancora non ho finito di leggere ma che anche solo letta a metà è stupenda. Se l'avessi già finita, l'avrei messa nella lista. E non potete capire quanto bestemmiai quando uscirono questi due volumi: i volumi di Eden costavano 4€ ciascuno (SÌ RAGA C'ERA UNA VOLTA UN'EPOCA IN CUI UN FUMETTO DI NICCHIA DELLA PANINI CON SOVRACCOPERTA COSTAVA 4€ CIOÈ NON CI SI CREDE ORA VERO? Già, non ci si crede. Porco dio. Panini di merda) e questi volumi costavano la cifra esorbitante di 9 o 10€. Una roba che per la mentalità di chi legge solo fumetti giapponesi è scandalosa. Il problema è che tutti, letteralmente tutti quelli con cui venissi a contatto, mi dicevano di comprare a tutti i costi questi volumi perché erano qualcosa di meraviglioso. Ed avevano ragione. Come dice il titolo, sono racconti brevi, ed i temi sono veramente i più disparati, dallo sportivo all'associazione di teatro a che so io. Il problema è che Hiroki Endo è un fenomeno, e riesce a dare una dimensione umana, credibile ed appassionante a qualsiasi cosa, a prescindere dall'ambito e, soprattutto, dal numero di pagine a disposizione. Davvero, questi volumi sono dei beni preziosi che tramandare ai posteri sarebbe cosa buona e giusta. Italiano, dove sei? Perché mi hai lasciato?

La storia dei tre Adolf
di Osamu Tezuka, 5 volumi (o 3, a seconda dell'edizione)

Giustamente starete pensando: ma come, mi fai tutto il pippone sul non mettere gli autori più belli e più famosi e mo mi metti un titolo di Tezuka? Eh, oh, a mio discapito io Tezuka nell'elenco sopra non ce l'ho messo mica. Anche perché di Tezuka praticamente non ho letto nulla, quindi... Ad ogni modo. Questa roba è bella per davvero. È un giallo, quindi la storia non ve la scrivo perché vi fotterei quantomeno uno dei volumi e, considerato quanto costano, meglio di no. Comunque è un giallo costruito estremamente bene e, soprattutto, è una storia che non si chiude su se stessa. Cioè, per farvi capire, avete presente il film What Women Want? (oh, è la primissima cosa che mi è venuta in mente, che vi devo dire?)?, no? Lì il film iniziava, c'era questo problema e il film finiva quando questo problema era risolto. In questo caso invece no, il problema dell'inizio si evolve e, da un certo punto di vista viene lasciato da parte per continuare a narrare la vera vicenda. So che detta così sembrerebbe non avere troppo senso, però fidatevi che, leggendolo, il senso lo acquista. Poi c'è anche il fattore storico, che di per sé non è necessariamente un surplus, però in questo caso è talmente parte integrante della storia e, soprattutto, è usato talmente bene, che sì, in questo caso è un surplus. Una delle opere giapponesi imprescindibili sulla seconda guerra mondiale. Per fortuna, però, non si limita a questo, anzi.

Lei, l'arma finale
di Shin Takahashi, 7 volumi

Ve l'avevo detto, che ci sarebbe stata tanta fantascienza. Qui però non è il punto focale, ma è solo il tramite di sviluppo della storia. La serie è incentrata su una storia d'amore, quella tra Chise (la tipa in copertina) e Shuji. Poi sullo sfondo c'è questa guerra, ci sono questi esperimenti umani che praticamente trasformano in armi umane e blablabla. Vabbè, questo è importante dirlo: la tizia in copertina è un'arma umana, e ovviamente è un'adolescente, così come anche Shuji. Questo fumetto a me ha fatto impazzire, oltre che per lo stile di disegno etereo (non mi viene altro aggettivo), per il fatto che ogni pagina trasuda tristezza assoluta. È una storia assolutamente provante, che prosciuga emozionalmente, che mette alla prova il lettore, che ad un certo punto uno si potrebbe chiedere "ma chi cazzo me lo fa fare a continuare a leggere?" e allora è lì che hai perso, perché la storia è bella, i personaggi sono belli, è tutto bellissimo. E soprattutto è tutto emozionante, è una storia incentrata sulle piccole e piccolissime cose, che in un ambiente come quello diventano non importanti, importantissime, vitali, capitali. Una serie straordinaria, straordinaria.

My Girl
di Mizu Sahara, 5 volumi

Anche qui, brevi cenni di storia. Per farla breve, c'è questo Masamune, ragazzo come tanti, a cui viene appioppata la figlia che non sapeva di avere, frutto di una bellissima relazione con una ragazza che è morta da poco. Gli americani direbbero "aaaw, heavy shit right there", ed effettivamente messa così sembra drammatico quanto quello di prima. My Girl è, però, la storia di Masamune che impara a vivere con Koharu e di Koharu che impara. Né più né meno. È una serie delicata, gli eventi sono eventi normali (niente battaglie, niente di niente) e quotidiani che, però, nella vita di tutti i giorni hanno una grande importanza, e in quanto tali sono trattati. È una serie stupenda, l'ho presa quasi per scommessa ed è stata una delle mosse più sagge che potessi decidere di fare. Se non piangete leggendolo, siete delle persone un po' morte dentro. E, se le prime lacrime sono di commozione, le seconde e le terze sono di gioia.

2001 Nights
di Yukinobu Hoshino, 3 volumi

Questo è l'ultimo titolo di fantascienza della top 10. Se uno era "fantascienza umanistica", passatemi la patetica espressione, e l'altro era una storia d'amore fantascientifica, questa è fantascienza pura. Anche qui, non vi aspettate combattimenti, non vi aspettate scontri, lasciate stare. Questa è fanta-scienza, scienza che è ancora da venire, scienza che ancora non c'è. È solo che è fatta divinamente bene, è ai vertici del suo genere. Per dire, il primo volume inizia anche con uno sguardo sul mondo animale. Ok, non c'è nessun monolite nero, ma dov'è che l'ho già vista, una cosa del genere? Mmmh, niente, non è che mi venga in mente molto altro da dire. È solo una delle migliori opere di fantascienza che vi capiterà di leggere/vedere nella vita. Poi fate voi.

Homunculus
di Hideo Yamamoto, 15 volumi

HE. Questo è uno dei titoli che più mi hanno colpito nella vita, un titolo che mi è rimasto appiccicato addosso in una maniera che razionalmente non mi spiego. Vi dico solo l'antefatto quasi-scientifico che sta dietro alla storia. Avete presente quella storia che si usa solo una piccola percentuale del cervello? Nel medioevo c'era la credenza che la tecnica della trapanazione, ovvero il forare il cranio senza andare a toccare né cervello né meningi, aiutasse ad usare una percentuale maggiore del cervello tramite la diminuzione della pressione cranica. Homunculus è la storia di un tipo che si sottopone a questa trapanazione. Aggettivi da usare per questa serie? Elenco quelli che mi vengono in mente: psichedelica, psicologica (aggettivo che odio), drogata, instabile mentalmente, appassionante, appassionante, appassionante ma non ti spieghi perché, psichedelica, cattivella. Non costringetemi a svelare troppo della trama, che poi vi perdete tutto il piacere della lettura.
Ah, sì, e non date retta al sottotitolo in copertina. La Panini fa schifo. I sottotitoli ai fumetti. Pff.

I giorni della sposa
di Kaoru Mori, 6 volumi in corso (ma in Italia ne sono stati pubblicati di meno)

Anche qui la trama si può dire. Ambientato nel XIX secolo in Asia Centrale, narra di Amina, la protagonista, che sposa Karluk, di diversi anni più giovane di lei. Stop. Fine. A 'sto punto voi dite: e che cazzo di storia è? E infatti la storia sticazzi. Kaoru Mori è una maestra. La bellezza della serie è che ti immerge capo e spalle nella via della seta e nella quotidianità dei suoi villaggi. Anche qui vale il discorso fatto per My Girl: la narrazione è di volta in volta portata avanti dai piccoli eventi, dai non detti, dai gesti accennati. Se My Girl era una serie delicata, questa è una serie raffinata. Raffinatezza a palate, classe come se piovesse e tanta bellezza. E questa è una delle poche, pochissime serie a fumetti nelle quali mi sono fermato e, prima di andare avanti a leggere, ho passato bei minuti a guardare i disegni incredibili della Mori. Maestosi, devastanti, iper-realistici (magari non nei volti, ma d'altra parte sono giapponesi, mica sono Alex Ross), iper-dettagliati, iper-belli. Su youtube c'è questa playlist che mostra la realizzazione di una tavola della Mori, ed è, oltre che ipnotica, stordente. E anche vederla fare degli schizzi delle sue protagoniste in quattrequattrotto solo col pennarello mi ha quasi provocato una mezza sindrome di Stendhal. Voglio dire, cercate "otoyomegatari" (il nome originale del fumetto) su Google immagini e poi venitemi a dire.


Fullmetal Alchemist
di Hiromu Arakawa, 27 volumi

Eh, oh, lo so che non avrei dovuto mettere nessuna serie famosissima, quale questa è. In più, in teoria, è anche uno shonen, genere che io, eufemizziamo, non apprezzo particolarmente. Il fatto è che, lasciando da parte il fattore alchimia, che mi attrae il giusto come punto di partenza, è una storia con una complessità che in uno shonen (e non solo) non avevo mai visto. Uno si aspetta una serie fatta di saghe, come Dragon Ball e One Piece, e invece quella è l'Arakawa che ti fa credere quello che vuole lei. Una maestria nella narrazione che, obiettivamente, ho ritrovato solo nel miglior Urasawa. Seriamente dico, leggetelo. Vogliatevi bene, una volta ogni tanto, in questa vita bellissima che abbiamo.

Ok, ho finito.
Anzi, dai, ne aggiungo altri 5 che sono stati in ballottaggio fino alla fine ma che sono contento di non aver messo.

Worst, di Hiroshi Takahashi, 33 volumi: altro shonen, ma questo è diverso dai vari Bleach, Soul Eater e cazzemmazzi del genere. Questo è un fumetto di mazzate, nel vero senso della parola. Un fumetto di gente che, per vari motivi, si prende a cazzotti selvaggiamente, e non ci sono fagioli di Balzar, c'è l'ospedale, ci sono i punti di sutura, c'è un bel po' di realtà. È incredibilmente appassionante e ha, credo, visto da qui, molte cose in comune con quella che forse è la malavita organizzata giapponese (non lo so, ipotesi di pura speculazione). Non vi staccate, io l'ho letto in boh, 3 giorni, forse.
Clover, delle Clamp, 4 volumi: parlare della trama di Clover sarebbe inutile come un segnale di senso unico in un vicolo cieco. Clover lo leggi, e lo ami, solo per il disegno, la composizione delle tavole, l'incomprensibilità della trama (tant'è che è un fumetto interrotto al 4° volume, non concluso al 4° volume), lo spazio bianco, il sospeso. Clover è stupendo, se non si ha la pretesa di una trama solida. O di una trama.
Gon, di Masashi Tanaka, 7 volumi: sì sì, è proprio quel Gon. E la serie a fumetti è l'epitome dell fumetto di culto: fa morire dalle risate e non c'è una vignetta. Non si parla. Grazie al cazzo, il protagonista è una specie di dinosauro in mezzo solo ad altri animali. Davvero, si ride tantissimo e un volume lo si legge in un quarto d'ora scarso. Fenomenale.
Love Hina, di Ken Akamatsu, 14 volumi: avete presente quei cartoni/fumetti giapponesi in cui ci sono due che si piacciono, che si metterebbero anche insieme, però sono timidissimi e finiscono sempre per darsi gran cazzotti col maschio che puntualmente vola via per via di un pugno che gli fa uscire fontanelle di sangue dal naso? Ma sì, dai, quei cartoni in cui, cazzo, lui ha la capacità di entrare a chiedere una cosa a lei giusto nel momento in cui lei si sta cambiando? Ma sì che ce li avete presente, tutti ne abbiamo visto almeno uno! Bene, Love Hina è il migliore. Incontrastato.
La stirpe della sirena, di Satoshi Kon, 1 volume: ora, uno con una minima onestà intellettuale direbbe che questo è per ricordare quel grand'uomo di Satoshi Kon, morto super-prematuramente e ingiustamente. Ma non è solo per quello che ho messo questo volume qui (come se contasse qualcosa veramente). Questo volume è grandioso. Ha classe da vendere, e da Kon non ti aspetti nulla di meno. Ha sentimento, e da Kon non ti aspetti nulla di meno. Ha ritmo, e da Kon non ti aspetti nulla di meno. Non ci sono piani di realtà alternativi, e da Kon non te l'aspetti. È altruista. È ambientalista. È splendido.

venerdì 23 maggio 2014

Comunque, un luglio così non so se vorrei passarlo

È successo anche quest'anno. Già l'anno scorso non c'è stato nessun cazzo di concerto tutto l'anno e poi arriva luglio e c'è IL MONDO. Quindi, siccome dovrei studiare ma il cervello non mi connette più, ho deciso di condividere questa non-connessione con tutti voi. Vi voglio male.
Comunque, se avessi soldi, il mio mese di luglio-e-simili sarebbe il seguente. Guida al luglio ideale di Edo (notate che all'inizio parto tutto precisino coi trasporti, per poi rendermi conto che tanto non sarei mai stato in grado e non cercare neanche di correggere il tiro, proprio "fuck it").



Partenza da Monopoli in treno alle 23.27 del 04/07 e arrivo a Sestri Levante alle 13.37 (viaggio di una lunghezza spropositata, sono matto. Ma tanto non succede, quindi continuiamo a fare progetti, è bello). 05/07, eccomi a Sestri Levante per il concerto dei Girls in Hawaii, in rassegna al Mojotic. In teoria, l'8 luglio a Roma ci sarebbe una bella scelta tra i Black Keys e i Massive Attack, ma piscio entrambi perché i concerti a Roma mi stanno sui coglioni e perché seriamente, 40€ per i Black Keys non li spenderei manco se fossi Bill Gates. Oltre al fatto che mettere due concerti di questo calibro lo stesso giorno è una cosa illegale che ti meriti veramente il 41bis. A quel punto, quindi, si rimane senza tergiversare in zona, perché la Liguria, e nello specifico le cinque terre le voglio vedere da una vita.
Il 10 mattina si parte per Pistoia prendendo un treno che fa diecimila cambi (ma tanto, se sei terrone, sei abituato al sacrificio per i mezzi di trasporto come Cicciolina era abituata... ok, la pianto qui, tanto sappiamo tutti come va a finire). Dicevo, parto il 10 luglio perché in tale data al Pistoia Blues suona Mark Lanegan, nientepopodimenoché. Curiosità: lo stesso giorno, più o meno nei paraggi, suonano anche i Prodigy e i Negramaro; insomma, non si vuole scontentare nessuno, ma è evidente che i fighi sceglieranno Lanegan for good. Successivamente, si rimane qualche giorno in quelle zone girando per cantine e mangiando cose buone, perché essere in forma per l'estate è solo per i crossfitters. E noi non siamo crossfitters. Voglio dire, considerate che tale categoria di persone si definisce crossfitters e, quando parli italiano, non si mette la s plurale dopo le parole straniere: questo è il livello medio dei crossfitters. Noi non siamo crossfitters.
Comunque, dicevo, la tappa successiva è Bologna. Quindi, se si vuole rimanere a Pistoia per il tour gastronomico (HIGHLY RECOMMENDED) ok, altrimenti un paio di giorni lì e si riparte per Bologna, in genere qualcosa da fare e da vedere la si trova sempre. Ma, siccome questo è un tour mensile di concerti, la nostra meta è Bologna perché Unaltrofestival ci porta il 14 gli MGMT, Panda Bear, gli His Clancyness e gli M+A (che non saprei pronunciare a voce), ed il 15 gli Horrors. O viceversa, non lo so. Ovviamente ho scelto Bologna per la mia scarsa (eufemismo) simpatia verso l'altra sede del festival, Milano. C'è da dire che forse gli Horrors non sono headliner della loro giornata, ma poco male.
Il giorno dopo ci sarebbe da fare una scelta preliminare. Sempre a Sestri Levante suonano i War on Drugs, tanta roba. Però siccome noi siamo romantici e un po' fuori tempo (o giovani, che dir si voglia), si sceglie il Radar Festival di Padova, perché, cazzo, ci suonano gli Slowdive. Ripeto: GLI SLOWDIVE. G L I. S L O W D I V E. Tra l'altro agli Slowdive apre Pesaro, cosa che non stona comunque mai. Anche considerato che, per il momento, i Be Forest hanno fatto il mio disco dell'anno. Comunque data imperdibile, assolutamente imperdibile. Uscendo per un breve momento dalla finzione del viaggio ideale, io non ci posso andare: pausa scenica.
A quel punto, si entra nel vivo del mese. Nel vivissimo, nell'iperattivo del mese. Gli spostamenti diventano assolutamente frenetici ed irreali. Questa è la parte esagerata del post, fate conto che siamo nel finale di Tengen Toppa Gurren Lagann (o in un punto qualsiasi di Kill la Kill o di Fortified School - che poi se non sono la stessa cosa, poco ci manca).
Da Padova si torna a Pistoia perché ci suonano gli Arctic Monkeys e aprono i Kills. Che, se non si fosse capito, è un concerto di quelli in cui non devi assumere nessuna sostanza whatsoever, perché il divertimento c'è a pacchi anche da sobrio (e se così non fosse, poniti delle domande), e si fa festa come poche volte nella vita, ed evviva gli Arctic Monkeys sempre e comunque. Che sono fanboy lo si sa.
La data successiva in calendario, in teoria, sarebbe Catania, dove il 19/07 per il Zanne festival suonano i Blonde Redhead e i TOY. Però, cacchio, vediamo di mantenere un minimo di verosimiglianza, da Pistoia a Catania in un giorno si potrebbe anche fare, ma visto che tipo il giorno dopo dovremmo essere da qualche altra parte, Catania viene accattonata (comunque lo Zanne Festival è un gran festival, il giorno dopo i Blonde Redhead ci suonano addirittura i Black Rebel Motorcycle Club). Il 19/07, però, a Perugia, per l'Umbria Jazz ci suonano i Roots, e i Roots catalizzano la mia attenzione in maniera molto efficace, quindi da Pistoia si va a Perugia a provare ad abbracciare Questlove e fargli mettere su Instagram una foto con te. Una foto con Questlove si può mettere a curriculum?
Dopo, si torna a Padova, potendo passare un po' di giorni tra l'alto Veneto e Venezia, che mi attrae come il polo negativo attrae quello positivo, perché il 23 ci suonano Mount Kimbie, Calibro 35, The Oscillation e Julie's Haircut. Una line-up così assurda che vira dall'openminded allo spastico. Il giorno dopo ci sarebbero anche i Calexico, però si è costretti a pisciare perché aprono I cani, e ci sono cose che non si possono perdonare. E poi i Calexico ormai sono bolliti, come direbbe qualcuno.
A quel punto, con un bel viaggio in treno sulla costa adriatica (che, vi assicuro, per lungo che possa essere, vale decisamente la pena, se siete seduti al finestrino giusto) si arriva a Vasto, dove questo Vasto Siren Festival ha una line-up che fa scintille: il 25 ci sono i National e il 26 Mogwai e Fuck Buttons. Considerando anche che Vasto è sul mare, che cosa stiamo aspettando? Una settimana di mare, splendida musica e arrosticini, se c'è qualcosa di meglio fatemelo sapere che lo voglio provare.
Si giunge, più o meno alle fasi finali del nostro viaggio che, se consideriamo tutti i concerti come buoni/ottimi come si prospettano, o si ricorda per la vita o ti manda in analisi.
Il 1 agosto saremo già a Ferrara (o circondario) per il concerto dei Franz Ferdinand, perché se si dovessero sciogliere come tutto lascia supporre senza averli visti live nemmeno una volta, beh, quello sarebbe un bel rimpianto. E l'ultimo disco non è neanche così brutto come dicono.
C'è una pausa di esattamente una settimana, che a questo punto penserei di passare dalle parti di casa, che tutto sommato posso dire di aver visto di peggio.
A questo punto, belli e riposati, via allo Ypsigrock, assoluto evento dell'estate. Tenete presente che anche lì avete il mare a pochi chilometri, ed il mare della Sicilia non è che ve lo devo dire io com'è, tenete presente che di location per un festival se ne sono viste di molto peggiori, e tenete presente che il primo giorno ci suona Anna Calvi, mio disperato amore, preceduta dai Fanfarlo, i quali però live non mi hanno entusiasmato, per dirla così; il secondo giorno ci suonano i Moderat preceduti dai Forest Swords, che è una data mica male; ed il terzo giorno c'è il delirio più totale perché, in ordine d'apparizione ci sono: Sun Kil Moon (!), Kurt Vile (!!!), i Wild Beasts, miei assoluti innamorati per i quali ogni obiettività e lasciata in cantina, e come headliner i Belle and Sebastian (!!!!!!). Bastano, i punti esclamativi? Per un festival in Sicilia no, probabilmente ce ne vorrebbero molti di più, e considerate che non costa neanche un cazzo. Davvero, se potessi ci andrei ogni cazzo di anno.
Per concludere questa gitarella fuori porta di un mese e mezzo, siccome alla fine di tornare a casa sarebbe anche ora, il 12 agosto in provincia di Lecce c'è l'unica data italiana dei Real Estate (!, e torna a farci compagnia il nostro punto esclamativo) per il Contronatura Festival. Ora, il prezzo ancora non è stato comunicato, ma l'anno scorso ci suonò un altro gruppo Domino e il biglietto costava tipo 5€, quindi sticazzi, ci si va per forza - non considerando il fatto che i Real Estate sono bravi ma bravi per davvero.

venerdì 9 maggio 2014

'Sta storia del blog sta degenerando

Se non avessi cambiato idea, non avrei mai ricominciato a leggere fumetti e avrei visto tutto il Grande Fratello.
Se non avessi cambiato idea, penserei ancora che il cinema italiano è tanto bello perché non si fa problemi ad essere "impegnato socialmente" (vabbè ok, avevo pure 15 anni, in questo caso).
Se non avessi cambiato idea, non avrei mai letto un libro di mia sponte, sarei rimasto ai supereroi americani.
Se non avessi cambiato idea, Burial mi farebbe ancora schifo perché nel 2007 dicevo solo "sì ma che è 'sta cosa con le vocine distorte a cazzo di cane?".
Se non avessi cambiato idea, Flying Lotus sarebbe stato uno che fa musica del cazzo senza senso, la incasina e basta.
Se non avessi cambiato idea, i Dream Theater e gli Iron Maiden sarebbero stati il massimo della vita.
Se non avessi cambiato idea, non sarei mai andato alla Biennale di Venezia perché tanto quelle cose le so fare pure io.
Se non avessi cambiato idea, al cinema si va solo in compagnia.
Se non avessi cambiato idea, al cinema si vanno a vedere i film d'intrattenimento. E in compagnia, come detto.
Se non avessi cambiato idea, mi sarei laureato in lingue. No ok, quella non sarebbe stata un'idea malvagissima, a pensarci.
Se non avessi cambiato idea, non avrei scritto la frase qui sopra.
Se non avessi cambiato idea, minchia, il sesso anale sarebbe una bomba.
Se non avessi cambiato idea, non avrei mai visto live i Radiohead.
Se non avessi cambiato idea, ok che è divertente, 'sto Community, ma veramente secondo te dovrei vedermi una sitcom?
Se non avessi cambiato idea, i R.E.M. sarebbero "quel gruppo che ok non è brutto, ma che palle".
Se non avessi cambiato idea, il jazz sarebbe stata, FORSE, musica di sottofondo e nient'altro.
Se non avessi cambiato idea, 'sto cazzo di Miles Davis dev'essere proprio fesso per fare canzoni di 20 minuti.
Se non avessi cambiato idea, non avrei mai smesso con le Hit Mania Dance e ora non vedrei l'ora di andare a ballare nel week-end.
Se non avessi cambiato idea, dal post-metallo there's no coming back, come once you try black.
Se non avessi cambiato idea, gli Arctic Monkeys sarebbero ancora un gruppo che sono buoni solo quando vuoi ascoltare qualcosa di leggero. Anzi, per rimanere in tema:
Se non avessi cambiato idea, 'sta Brick by Brick francamente mi sembra un po' sciapa, e non penso di dover aspettare di ascoltare il disco per affermare che gli Arctic Monkeys hanno toppato. Rimanendo sempre in tema:
Se non avessi cambiato idea, pure 'sta R U Mine?, eh... ma che è? Mah.
Se non avessi cambiato idea, i graffiti sarebbero solo muri imbrattati. Oddio, poi comunque spesso lo sono.
Se non avessi cambiato idea, non sarei uscito dall'adolescenza. Come vedo che molti, anche miei coetanei, ancora non hanno fatto.
Se non avessi cambiato idea, avrei lasciato Infinite Jest a pagina 240.
Se non avessi cambiato idea, sarei andato a vedere un terribile concerto degli AC/DC.
Se non avessi cambiato idea, l'elettronica non è musica, mica è suonare, quello. Forse solo i Kraftwerk, ma forse eh.
Se non avessi cambiato idea, figuratevi l'hip hop. Pff.
Se non avessi cambiato idea, no, non vado più al concerto, non c'è nessuno che viene con me.
Se non avessi cambiato idea, 'sti My Bloody Valentine non capisco cos'è che ci trovi, la gente. 'N si capisce un cazzo.
Se non avessi cambiato idea, va benissimo anche ascoltare le canzoni singole. Anzi, meglio, gli album durano troppo.
Se non avessi cambiato idea, di Caparezza mi sarebbe piaciuto anche Il sogno eretico.
Se non avessi cambiato idea, Il teatro degli orrori sono troppo bravi, veramente, poi lui è proprio esaltante.
Se non avessi cambiato idea, Le situazioni di lui & lei? E che mi vedo, io, le cose delle femmine?
Se non avessi cambiato idea, cioè, mo mi spieghi: non ho visto Le situazioni di lui & lei e dovrei vedermi 500 giorni insieme?
Se non avessi cambiato idea, Lo straniero di Camus sarebbe solo un libro, per dirla col rating di anobii, "bello".
Se non avessi cambiato idea, probabilmente non mi sarei mai fidanzato.
Se non avessi cambiato idea, non credo che nessun uomo, per bello che sia, potrebbe turbarmi. E poi bam. E poi sbadabam.
Se non avessi cambiato idea, ok non essere Freddy Mercury ma, cazzo, 'sti Neutral Milk Hotel prendere uno che sappia cantare almeno?
Se non avessi cambiato idea, seguirei ancora il calcio. Pfffffffffffffffffffff.
Se non avessi cambiato idea, avrei continuato ad andare in chiesa anche dopo la prima comunione.
Se non avessi cambiato idea, mi sentirei superiore a tutti.
Se non avessi cambiato idea, bisogna sempre essere umili, tutti possono avere qualcosa da insegnare.
Se non avessi cambiato idea, se una cosa piace a tutti, allora è per forza una cagata.
Se non avessi cambiato idea, andiamo a cercare le cose che non conosce nessuno ma proprio nessuno nessuno, sicuro sono belle et esclusive et elitarie.
Se non avessi cambiato idea, quantomeno non asteniamoci mai dal criticare quello che fanno gli altri.
Se non avessi cambiato idea, avrei continuato a mettere al primo posto quello che gli altri percepiscono di me al posto di quello che effettivamente mi piace fare.

martedì 15 aprile 2014

Papà castoro e Pelle e ossa

Ognuno, se è fortunato, ha, nel proprio bagaglio culturale/personale, dei punti di riferimento che sono quasi mosche bianche, che, ad avere davanti una lista di chi ti ha colpito e influenzato, un estraneo li indica, ti guarda e ti fa "ma questi?". Se non si è fortunati, i nomi non dico che che siano sempre quelli, ma sono più prevedibili e più monotoni, anche se non per forza meno gratificanti. Però, se si è fortunati, questi punti di riferimento riescono a far girare la testa verso sponde che magari non hai mai considerato, un po' per l'influenza di chi ti sta attorno, un po' per mancanza d'interesse tuo; d'altra parte, se hai già tutta una lista di numi tutelari, perché mai dovresti deviare dal comunque ragionevolmente ampio seminato? Le mie mosche bianche di riferimento sono Flavio Tranquillo e Federico Buffa.
Mosche bianche perché dello sport (leggi: del calcio. Siamo in Italia, su Quizduello lasciano la scritta "sport" solo per essere politicamente corretti) non me n'è mai fregato tantissimo, forse giusto le olimpiadi di quando in quando. Poi chiaro, Poggi e Volpi so anche io chi sono, ma se è per questo fino ai 10 anni sono anche andato a catechismo. Però il basket mi è sempre piaciucchiato, diciamo che mediamente mi appassionava molto più del calcio. Se poi becchi una partita in cui i due telecronisti discorrono tra le risate delle, cito testualmente, "inviperite manifestazioni degli autoctoni", ti accorgi che i livelli sono alti, alla Rino Tommasi e Gianni Clerici; e il livello del basket è il migliore del mondo, e diciamo che la cosa aiuta.
Una volta passato il primo livello, e una volta fatta l'abitudine ai modi dei due (cosa facilissima), si capisce la differenza tra loro e il resto dei commentatori (non proprio tutti, c'è da essere onesti, però questi non allineati non fanno statistica). A rendere evidente questa differenza, userò come esempio una reazione che ricordo molto bene di uno che si può considerare come lo spettatore medio sportivo italiano: in una partita piuttosto importante di Premier League c'era Marianella che stava facendo un discorso che non coinvolgeva l'immediato della partita e questo spettatore medio enuncia le seguenti: "meh, vuoi parlare della partita o no?". Per quel che riguarda me, ci starebbe la pausa scenica (termine loro). Per continuare ed esplicare il discorso, cito lo stesso Federico Buffa in una sua intervista: "gli italiani hanno il calcio che vogliono vedere, commentato come lo sentono". Io estendo il concetto anche allo sport, oltre che al calcio. Buffa dice anche un'altra cosa molto interessante e molto vera nell'intervista, poco dopo: dice che, a differenza degli Stati Uniti, in Italia ma non solo c'è troppa gente culturalmente dotata che snobba apertamente lo sport, mentre cita Grantland come esempio di gente che giornalisticamente ne capisce (in generale, non solo di sport) che tratta lo sport come un normalissimo argomento, più che degno di analisi approfondite e considerazioni che vadano oltre il gossip, l'analisi del singolo gesto tecnico o la polemica sul rigore che non c'era o sul fuorigioco non fischiato. Tant'è che abbiamo un americanissimo David Foster Wallace che scrive Roger Federer come esperienza religiosa mentre in Italia gli unici libri di sport che vedono gli scaffali in vista nelle varie Feltrinelli sono quelli di Del Piero, di Pirlo o di Cassano. Tant'è che tutti i cronisti NBA e NCAA di Sky Sport lodano sistemi come l'instant replay, che rendono più chiare, meno sfumate e meno bellicose alcune decisioni che portano alle puntuali crocifissioni arbitri, guardalinee e reggi-bibite. Ovviamente tenendo ben presente che sia il basket sia il calcio sono giuochi, e come tali vanno trattati (d'altra parte Flavio Tranquillo è un grande appassionato e conoscitore di argomenti legati alla giustizia): non sono pratico di tg americani, ma sono abbastanza sicuro che lì nessuno griderebbe allo scandalo se non si parli tutti i giorni della regular season NBA; vi immaginate un tg italiano qualsiasi che non dedichi almeno un servizio ogni edizione al campionato? Ecco. E l'NBA, a differenza del calcio, gioca ogni giorno. Letteralmente.
Altro aspetto che mi ha sempre stimolato un sacco è quello della terminologia, sulla quale non mi ero mai soffermato più di tanto fino a qualche giorno fa, quando era lo stesso Buffa a farlo notare su Radio Deejay. E l'aspetto "terminologia" è da intendere su due fronti. Dal punto di vista del puro basket, non lesinano l'uso di termini assolutamente tecnici, "per iniziati", che, se in un primo momento possono lasciare spiazzati, con il passare delle telecronache e delle lavagne, si rivelano familiari e consentono di capire quello che sta succedendo in campo molto meglio di quanto non faccia il classico spettatore medio, che in genere si limiterebbe alla distinzione tra zona, box & 1 o che so io, e questi invece ti parlano di triangolo, di pick&pop, di screen e compagnia danzante, che non sono necessariamente così immediate. L'altro punto di vista è quello dello slang: stando a quanto detto in un'intervista al Sole (!), l'abitudine dei due deriva dal loro maestro Aldo Giordani, ed è l'abitudine bellissima a tradurre direttamente le espressioni gergali americane. Chiaramente facendo una cernita, nel senso che se usassero pure loro espressioni odiose come chiamare il tiro dalla media "il J", sarebbe una delusione. Però tante espressioni che nel basket (quantomeno quello americano) in Italia diamo quasi per scontate le hanno portate in Italia loro due (o Giordani), a scelta. E l'attenzione al vocabolario, l'odio per espressioni sì gergali, ma anti-italiane che caratterizzano i due (cosa poi estesa, mi pare di capire, a tutta la redazione giornalistica di basket americano di Sky Sport) tirano in mezzo un altro aspetto che mi ha sempre affascinato e divertito: l'attenzione e l'importanza attribuita alla cultura intesa in senso generale. Che voi dite "grazie al cazzo, è tipo la cosa più importante nella vita", e io vi rispondo che avete ragione, ma dovrete convenire che mica è così scontato che questo succeda durante delle telecronache sportive, per usare un largo eufemismo. Questa è gente che giustifica in parte la formae mentis vincente di LeBron 2012 col fatto che abbia lasciato da parte twitter e abbia cominciato a leggere (e dicono: sì ok, legge Hunger Games e la biografia di Jay-Z, non è che legge Pirandello, ma conta comunque), gente che una delle prime domande che fanno a Belinelli dopo la strepitosa serie Chicago-Brooklyn se leggesse qualcosa durante la permanenza USA, gente che in telecronaca cita Mario Vargas Llosa (!!!), gente che ti fa il traduttore istantaneo come quello che usano nelle conferenze importanti (solo che non hanno studiato per farlo e lo fanno alla bisogna), gente che ti fa interviste in spagnolo. Ora, se non fosse che il basket NBA è lo sport più bello del mondo, ed è inutile girarci attorno, queste sarebbero comunque delle cose che ti attraggono, che fanno in modo che comunque si graviti lì intorno.
A questo c'è da aggiungere un elemento che secondo me è fondamentale: l'attenzione verso le persone e i vissuti. Mi spiego. Il mio imprinting ad un certo modo di intendere lo sport è dato da Slam Dunk di Takehiko Inoue (che, se non avete letto, mi dispiace e you're missing out, direbbero oltreoceano), ed è quel modo di seguire lo sport non lo intende solo come incasellamento di tattiche ed azioni più o meno efficaci, ma che fa notare come il volere e le emozioni dei singoli siano una parte importante del gioco e diano un colore tutto diverso a certe cose; vuoi mettere come cambia una partita quando sai per quale motivo, per esempio, Shawn Kemp fa una partita da posseduto dal demonio contro i Pacers? Nel senso, mica le curiosità possono limitarsi alla fidanzata che salta da Maxi Lopez ad Icardo. Vuoi mettere godersi la futura caduta nel guano dei Clippers (perché succederà - anche se spero di no) sapendo che cosa sono stati prima dell'era CP3? O poter ridere di gusto delle stagioni pessime dei Nets nonostante i milionazzi spesi? Sono cose che, a quel livello, non sono facili da raggiungere. Ecco, per esempio, qui citano un aneddoto ME-RA-VI-GLIO-SO e, nel farlo, usano fluentemente il verbo "divellere" e un'espressione che ho fatto mia in numerosissime situazioni che è "the Nets being the Nets", chiaramente declinata all'uopo. E questo che ho postato è un video di due minuti di una partita, per così dire, interessante il giusto, immaginate che cosa può succedere in una partita intera, magari con più temi d'interesse. Oh, poi non è che siccome sto dando attenzione a questo, le telecronache poi non sono in grado di farle degnamente, eh. Volete qualche esempio? Eccone uno, ed eccone un altro (tempo incriminato: dal minuto 9.30 - rivisto per l'ennesima volta, brividi e lacrime che appannano la vista).
Questo per dire che i vari Buffa racconta sono solo la ciliegina sulla torta, nonostante ne abbia parlato anche Aldo Grasso. Il che è tutto dire.