giovedì 16 gennaio 2014

Le nuvolette senza pioggia (non sapevo che titolo mettere, oh)

All'americana, they say che le cose venute d'impulso risultino essere le migliori. Non fatevi illusioni, questo post farà cagare come al solito.
Dopo che gli ultimi, contando a memoria, 4 post trattavano, almeno in maniera trasversale, di musica, questo è un post sul fumetto. Tra l'altro un post scritto durante il periodo degli esami. Devo essere proprio rincoglionito. Non sarebbe una notizia inedita, comunque.

Pochi minuti fa stavo girando sul forum di comicus.it, sito di cui seguo le news e di tanto in tanto le recensioni. Un mio amico mi aveva segnalato un topic in cui si parlava delle cifre di vendita dei fumetti in Italia, che è un tema su cui non si è mai saputa una mazza, quindi il topic sembrava ghiottissimo. Mi verrebbe voglia di iscrivermi, nonostante stessi leggendo un topic dedicato ai Bonelli (la conoscete, questa casa editrice. Tutti abbiamo in casa almeno un Tex e/o un Dylan Dog. Tutti.) e, siccome è buona abitudine girare un attimino il forum per vedere che aria tira e com'è la politica degli utenti (non mi iscrivo al forum di Doyourealize.it se ascolto solo hard rock puzzone anni '70, per dire), lo faccio e la mia voglia di iscrivermi crolla come il tasso occupazionale greco di qualche anno fa. A fronte di utenti espertissimi in diversi ambiti, come leggevo sul topic di cui dicevo prima, leggo di un sacco di pregiudizi verso il fumetto giapponese.
Ripeto, il post nasce totalmente d'impulso, quindi anche il filo logico potrebbe latitare. Non come nei Joyce più criptici, ma potrebbe latitare.
Per me esistono 3 classi di fumetti: i fumetti di supereroi, i fumetti giapponesi e le graphic novel (o I graphic novel, vedetela come volete). Poi è chiaro che ci sono anche altre cose, non fate i qualunquisti più di me, però le macrofamiglie sono queste.
Penso che, chi più chi meno (come se mi leggano il duecentomila), sappiate individuare l'uno dall'altro in fumetteria. Ma per chi non ci riuscisse:



Il fumetto di supereroi è quello fondamentalmente della Marvel e della DC. Oltre queste due case editrici mi viene in mente solo Spawn che è della Image. La caratteristica di questi fumetti è che non hanno un filo conduttore: dopo che viene creato il personaggio, le sue sorti passano dalle mani di miriadi di autori che ne scrivono le storie, spesso e volentieri sconnesse tra di loro. Il risultato fisiologico è che Spiderman ha sempre quell'età (in realtà almeno quello hanno avuto il buon senso di farlo evolvere un minimo e, da fare il liceale è passato, l'ultima volta che ho controllato, ad essere un insegnante) e, se viene mazzolato come un metrosessuale ad un incontro di Casapound in una storia, in quella successiva non c'è traccia di niente di tutto ciò. Idem dicasi per tutti gli altri. Un'altra caratteristica è che Marvel e DC sono costrette periodicamente a fare questi super crossover, ovvero dei cicli narrativi che coinvolgano tutti o quasi i supereroi della casa editrice, in cui in genere muoiono un sacco di personaggi, colpi di scena a non finire e quant'altro. Dico "sono costrette" perché, credo, se non fanno così il lettore medio comincia a rompersi i coglioni. Almeno, io non me la spiego altrimenti: ogni lettore sa che il crossoverone ci sarà, dove starebbe l'effetto sorpresa? Far vedere chi tradisce chi e chi muore per mano di chi? E che stiamo, a Beautiful? Tra l'altro, mi pare di aver sentito che una volta sono stati costretti, per riparare ai "danni" di un crossover, a far risorgere tutti i personaggi morti dal Dr. Strange o qualcosa del genere. Come forse solo il peggior Naruto sarebbe stato capace di fare. A Dragon Ball almeno lo dicono (quasi) subito che questa sarebbe stata una possibilità.



Il fumetto giapponese è quello che viene dal Giappone. Per motivi che spiegherò tra poco ha così tanti titoli che qualsiasi stereotipo gli vogliate attribuire, troverete titoli che lo rappresentano alla perfezione. Inoltre ha invaso la televisione italiana fin dalla metà degli anni '80. Anzi, meglio, non l'ha invasa, l'ha infestata. Ah, giusto per chiarire bene, quelli che vedi in televisione non sono i manga. I manga sono quelli che compri in edicola. Sì, quelli che si leggono al contrario, quelli che la terza domanda che fai a chi te l'ha prestato (la prima è "ma è porno?" e la seconda è "ah, ma questo al contrario si legge?") è "ma oltre a leggerlo da destra a sinistra si legge dal basso?" o, a scelta, "ah, ma i testi stanno scritti normali! Non mi viene mica di leggere il testo in un modo e le immagini in un altro. Madò, non ce la farò mai... Senti, lasciamo stare". Quelli che guardi in televisione si chiamerebbero anime - che è un termine inutile tanto quanto "manga" -, ma va strabene se li chiami "cartoni animati", fidati che fai meno la figura del fesso. Anzi guarda, se li chiami "cartoon" potresti passare per uno che legge i quotidiani o i periodici di un certo tipo. Perché si sa, dire "cartoon" fa molto più figo di dire "cartone animato". Perché riqualificare un termine perfetto e storicamente radicato è un'operazione inutile e controproducente: basta metterci il corrispondente inglese e diventi un figo acculturato, come i pubblicitari milanesi che usano mille parole inglesi ad cazzum canis. Ma stiamo, al solito, divagando.



Ci sono due scuole di pensiero. In realtà ce n'è solo una, l'altra è una distinzione che si fa per essere chiari. La prima scuola di pensiero è quella secondo la quale la graphic novel esiste. La seconda è quella secondo la quale la graphic novel non esiste. La prima dice che la graphic novel esiste perché è un tipo di fumetto con delle caratteristiche ben precise, tipo l'essere rivolto ad un pubblico più adulto, avere un tipo di storie non dico meno commerciali ma spesso almeno meno convenzionali (e questo vuol dire poco e niente, ma non so che dirvi), avere una lunghezza ben definita, eccetera eccetera. La seconda scuola di pensiero dice che la graphic novel non esiste. Tipo il punk. Però secondo me questo lo dicono per il motivo di cui prima per il quale chiamare una cosa "cartoon" è più figo, più radical-chic (se avete un quadernetto con le parole che più odiate e non avete ancora segnato "radical-chic" siete delle persone pessime. Fatelo ora. Bravi, scrivetela lì. Sotto "hipster", esatto.) che chiamarla "cartone animato". Ormai "graphic novel" è diventato il modo di chiamare i fumetti in televisione o sui giornali o dove cazzo volete, l'importante è che non si pensi che uno legge i fumetti, lui legge una cosa figa e intellettuale. Per esemplificarvi al meglio il motivo per il quale sono abbastanza certo che si sia creata questa scuola di pensiero, ricordo che quando distribuirono al cinema l'ultimo film chiamato-in-gergo "live action", con attori veri, ispirato a Dragon Ball, nello spot televisivo dissero, e lo ricordo come se fosse stamattina, "ispirato alle graphic novel di Akira Toriyama". Taccio sui miei conseguenti pensieri.

Ora, spero di aver fatto un'introduzione (e mortacci dell'introduzione) tale che si capisca che, secondo il mio modesto parere, alla domanda "allora che macrofamiglia di fumetti vorresti cominciare a leggere?", la risposta migliore che si possa dare è "graphic novel". Perché ripeto, è il genere che dà più soddisfazioni, che ha storie più personali e più sentite e perché è mediamente molto più facile sostituirla alla pizza nella meravigliosa frase "pizza is like sex: when it's good, it's very good; when it's bad, it's still pretty good" (che poi vorrei capire che cazzo ne sanno di pizza gli americani, ma tant'è). Faccio un paio di esempi: a me due delle graphic novel americane più acclamate degli anni '90, Black Hole e Ghost World, non sono piaciute. Sarà un problema di aspettative deluse (perché l'alone del quale sono circondate è obiettivamente incredibile), sarà un problema di zeitgeist nel senso che quelle storie, negli USA, in quegli anni, sicuramente avranno impattato forte, molto più forte e duro di quanto io italiano nato alla fine degli anni '80 possa capire. Fatto sta però che, nonostante non mi siano piaciute, sono comunque meglio di tantissime altre cose. When it's bad, it's still pretty good. Tant'è che ormai è probabilmente l'ambito in cui spendo più soldi. Perché sì ecco, le graphic novel hanno un solo grande difetto: costano tanto. Porco dio se costano tanto. Lasciate stare i volumi giganti tipo Bone o le ristampe di capolavori straconosciuti che tanto venderanno sicuramente un casino (in genere si tratta di ristampe di Alan Moore) che raggiungono puntualmente i 32-35€, ma per un volume fresco di pubblicazione, al netto di promozioni da amazon, arrivi a spendere anche 25-27€.
Ah, e poi una cosa. I volumi dell'Uomo ragno NON SONO GRAPHIC NOVEL. I volumi di The Punisher, anche se sono quelli stupendi scritti da Ennis, NON SONO GRAPHIC NOVEL. Sono collane raccolte in volume. Watchmen volendo è una graphic novel, V for Vendetta, perché la loro natura è il volume, e il fatto che siano state pubblicate ad episodi segue la stessa logica del romanzo a puntate tipo Robinson Crusoe (e la logica di mercato, ché mica fai cambiare formato alla DC così facilmente). Volendo Marvels può essere una graphic novel, non Civil War. Non lo è neanche Bone, perché non è che siccome una cosa è un po' più d'autore allora è una graphic novel. Smettiamola di chiamare graphic novel qualsiasi cazzata a fumetti che esca in volume. Mo tra poco pure Zerocalcare fa graphic novel.

Per quanto riguarda il fumetto giapponese. Suppongo lo sappiate, ma è bene ribadirlo perché ho letto sul famoso forum di comicus che ci sono ancora dei pregiudizi da impanicarsi.
Tralasciando i luoghi comuni degli occhi enormi, delle tette giganti e dei capelli di mille colori (tutti veri e, salvo quello delle tette, difficilmente spiegabili. Se ci mettiamo che il colore dei capelli può essere utile a distinguere i personaggi, allora rimane la dimensione degli occhi, che difficilmente troverà un riscontro di logica), ho letto che la gente "non capisce" i fumetti giapponesi perché "so poco della cultura giapponese e quindi non riesco a cogliere quello che vuole esprimere l'autore". Dopo una velocissima analisi, si capisce che questa persona non ha mai letto e/o apprezzato un romanzo russo o un telefilm americano o toh, un romanzo inglese, un Dickens, che cazzo ne so. Per non parlare della Divina commedia. Che cazzo di ragionamento di merda è? Allora tu Happy Days non l'hai mai apprezzato perché la cultura della middle class bianca americana è totalmente estranea alla nostra. È un ragionamento stupido e tradizionalista. Le cose impari ad apprezzarle facendoci l'abitudine, cercando di capirle. Io, per esempio, sono arrivato ad ascoltare jazz e capire quale disco mi piace di più rispetto ad un altro ascoltandone tanto e tante volte, cercando di capire il suo codice linguistico (con scarsi risultati, ma c'ho una vita davanti), se non altro cercando di capire cosa non mi piace, ad esempio il free jazz. Il fumetto giapponese per come lo intendiamo noi non ha una tradizione mediatica radicata come quella occidentale. O quantomeno, ce l'ha eccome, ma ha subito un cambiamento così radicale che, a mio modestissimo e ignorantissimo parere, ha fatto in modo che praticamente si parlasse di due cose diverse. E vorrei ben vedere, stateci voi occupati dagli americani dopo le bombe atomiche, in piena ricostruzione economica e soprattutto culturale con le loro influenze. Ora, la storia vuole che praticamente gran parte del merito di questa rivoluzione vada attribuita al mai troppo lodato Osamu Tezuka. Io, sinceramente, sono convinto che oltre a lui ci sia dell'altro ma, ripeto, io sono un italiano nato alla fine degli anni '80 e, se non riesco a capire fino in fondo o a sapere determinate cose relative agli anni '90 americani, figuratevi se riesco a sapere cose degli anni '50 giapponesi. Ad ogni modo, l'impressione che io ho sempre avuto è che il fumetto giapponese sia legato al linguaggio cinematografico in una maniera che il fumetto del resto del mondo non riuscirà mai a replicare. Fateci caso: mediamente quanto tempo ci mettete a leggere un volume di fumetto giapponese? E quanto tempo ci mettete a leggere un volume americano, fosse anche uno spillato di 80-90 pagine, di quelli con 3 storie diverse? Ecco, io ci mettevo più o meno lo stesso tempo, con la differenza che un tankobon giapponese (fatemi fare il figo con gli esotismi linguistici, dai) conta in genere 180 pagine, mentre uno spillato americano circa la metà. Il fumetto americano è più "fumettoso", nel senso che credo usino molto di più quelle che sono le possibilità linguistiche del fumetto. Per fare due esempi lampanti, e specificando che si sta parlando dei fumetti, se è vero che l'Uomo ragno durante i combattimenti fa battute che manco Claudio Bisio, quando mai avete sentito Goku fare lo stesso? E, fermo restando questo, escludendo proprio i film Marvel, quante volte durante una rissa cinematografica (ma anche dal vivo) i contendenti dialogano e fanno battute? Ecco, forse solo in quei filmacci tipo Fast&Furios e XXX. Ripeto: il fumetto giapponese si basa molto più sulla tradizione cinematografica, sul movimento veloce e in tempo reale, sul - potrà sembrare strano e sembra strano - maggior realismo possibile, sul gioco di sguardi senza bisogno di usare battute a tutti i costi eccetera eccetera. D'altra parte ci sono autori giapponesi che questa cosa l'hanno portata all'esasperazione, tipo Masashi Tanaka con Gon o L'uomo che cammina di Taniguchi.
L'altra particolarità essenziale per capire il fumetto giapponese (o meglio la vastità del termine stesso "fumetto giapponese") è il tipo di mercato che c'è dietro. Da quelle parti il medium fumetto è un medium assolutamente comune e accettato, che non soffre degli stessi pregiudizi che abbiamo in Italia; in genere ai novizi si fa sempre l'esempio che trovare qualcuno che in metropolitana si legge un volume a fumetti è una cosa molto frequente e assolutamente normale, mentre io l'altro giorno a mensa stavo leggendo un libro illustrato e una tipa (che aveva il QI di una ciliegia, vabbè) mi fa "ma che ti leggi, i disegnetti?" Specifico, questa qui è spettatrice abituale di Uomini e donne, ma lo spettatore di Uomini e donne è molto più comune di quanto non crediate. Di conseguenza, essendo così comune, per le cifre e il danaro che l'industria del fumetto muove, i giappi sono di gran lunga i primi al mondo. Poi hanno un loro sistema di pubblicazione per il quale ogni volume - sempre suddiviso in capitoli - viene prima pubblicato a puntate su una rivista insieme ad altre serie. Non in maniera indiscriminata, però: queste riviste sono divise rigorosamente per target, e lì in queste cose sono bravi. Per cui se i vari Naruto e One Piece (che poi è come accostare la birra calda e la birra fredda: sempre birra è, ma la calda fa cagare e la bevi solo se proprio non c'è nient'altro, mentre trovare cose più arrapanti della birra fredda è difficile - la birra fredda nello specifico è One Piece, che nonostante i 70 volumi rimane una delle 2-3 cose più fighe in circolazione) sono pubblicati sulla stessa rivista per pre-adolescenti maschi (e come ci sia finito lì One Piece è un po' un'anomalia, o forse il fatto che Shonen Jump è Shonen Jump ma poi divaghiamo), ci sono riviste per pre-adolescenti femmine (e non mi chiedete che cazzo ci possano pubblicare, là sopra), per giovani maschi e per giovani femmine, per trentenni maschi, addirittura per casalinghe o per donne in carriera. Seriamente, eh, esistono queste cose. Ovviamente in base al target il tipo di storia cambia, e questo non ve lo devo dire io. Però se considerate che negli ultimi anni ci sono stati almeno 3 titoli capaci di superare il milione e mezzo di copie di tiratura per un singolo volume (e di volumi che escono in un anno ce ne sono almeno un paio a serie), forse cominciate ad intuire di quanto siano grandi i numeri di cui parliamo. Però prima di ritornare al discorso principale, faccio un utile excursus: tempo fa una c.d. twitstar aveva chiesto che le si consigliasse un fumetto giapponese da leggere. Avrà avuto, quante?, 30 risposte?, e ogni singola risposta conteneva sempre gli stessi titoli, tutti strafamosi, straconosciuti, belli per carità, ma è come quando chiedi che film o che serie tv guardare su facebook: sai già quali saranno i titoli più gettonati o che usciranno per primi, senza alcuna possibilità di errore. Questa qui ha un tumblr sempre cupo, in bianco e nero, con un sacco di immagini erotiche e un sacco di immagini che rimandano a delle pratiche un po' perverse, con un immaginario ben preciso. Allora io, piuttosto che consigliarle One Piece (che è un capolavoro, ribadiscoo, ma non fa dell'esplorazione dell'oscurità dell'animo umano uno dei suoi punti di forza) o boh, qualsiasi altra cosa, sono andato a consigliare MPD Psycho e Monster. A che è servito questo excursus? A sottolineare l'importanza di persistere prima di giungere a conclusioni, in particolare in un ambito così sterminato come il fumetto, soprattutto quello giapponese. Questo è così grande che, a fronte di un Naruto o di un Bleach (classica cagata famosissima, immotivatamente) ci siano decine di titoli come, cito veramente random, Uchu Kyodai, Lei l'arma finale, Eden, My Girl, PlanetEs e blablabla. Se vi prendete tempo per capire per quale motivo ci sono titoli (o autori) che sono citati all'unanimità (o quantomeno da chi ne capisce, da festival di fumetto importanti e cose simili) come imprescindibili, imparate ad avere un senso critico e un senso dell'orientamento che vi porteranno a certi titoli o certi autori che magari conoscono pure in pochi ma che vi soddisfano in pieno. Io, ma credo chiunque, ho un nugolo di autori-feticcio di cui compro qualsiasi cosa riesca a trovare. E di questi, solo un paio sono molto molto famosi - credo solo Inoue e Urasawa e, signori, che cosa non è Inoue, soprattutto, mamma mia.
Ve l'avevo detto che questo post non aveva nessun senso logico.

Passando ai fumetti di supereroi, invece, le considerazioni sono poche e molto veloci.
1) C'è un mucchio di cacca. Sì che sono cose che si leggono solo e soltanto per bieco e ignorante intrattenimento, ma per trovare una storia che veramente valga la pena di essere letta bisogna passare attraverso a un numero spropositato di inutilità.
2) Una considerazione velocissima sull'acquirente medio di supereroi che sta emergendo ultimamente. È chiaro che figure del genere sono fisiologiche, dopo operazioni colossali come quelle della Marvel negli ultimi 5-6 anni. È altrettanto ovvio che questi film non dico che hanno lo scopo di, ma quantomeno hanno l'ovvia conseguenza di attirare nuovi lettori, cosa che inevitabilmente succede (il che la dice lunga su quanto, secondo le ultime teorie sociologiche, il consumatore ormai sia maturo e capace di scegliere autonomamente cosa è meritevole della sua attenzione e cosa no, ma divago ancora). Sarà per l'apporto fondamentale che ha internet e facebook (perché smettiamola di usare il generico termine "social network", c'è solo facebook) nella diffusione di questi tipi di comportamento (il che la dice lunga su quanto, secondo le ultime teorie sociologiche, internet e l'infinita possibilità di connessione col prossimo permetta al singolo di allargare i suoi orizzonti informativi e blablabla), ma i fan che si vanno formando e diffondendo in questo momento hanno la mentalità più chiusa e testarda che abbia mai visto, secondi solo ai 50enni fedeli alla Bonelli. "Ai miei tempi" (concedetemelo), i lettori di fumetti di una certa età si sentivano comunque parte di un'unica grande famiglia, quella degli appassionati di un mezzo espressivo meraviglioso che però nessun movimento culturale primario prendeva sul serio. Poi potevi essere un appassionato di supereroi come un appassionato di fumetti giapponesi, però la mentalità diffusa era quella di provare con un onesto senso di curiosità anche prodotti che uscivano dal tuo seminato, forse proprio perché consci e calati in questo clima di comunità, di "diamoci pacche sulle spalle tra di noi che altrimenti non ne usciamo interi". Oggi invece quello che vedo è un continuo asserragliarsi sulle proprie posizioni senza mai considerare la possibilità di guardare dall'altra parte.
Nello specifico, gettiamo la maschera sui bei discorsi in linea generale e sporchiamoci le mani, la sensazione è che il fumetto supereroistico, in particolare della Marvel, sia intrinsecamente superiore a tutto il resto perché tutto il resto mica è capace di fare dei film come gli Avenger o Iron Man. Poi avoglia a provare a spiegare che spendere 7-8€ per vedere un Thor 2 o un Iron Man 3 è un gesto saggio quanto pucciare il cazzo in un bicchiere vodka al peperoncino, quelli ti menano delle risposte disarmanti da ultras, tipo "e che devi andare a vedere al cinema, De Sica e Boldi?", perché esistono solo le cose loro o le cagate assolute. Una parte di questa gente ha sviluppato una mal riposta curiosità in qualsiasi cosa sia seriale: non è difficile incontrare un fan dei film Marvel che va a vedere al cinema Hunger Games difendendone l'originalità della proposta o, magari, i sottotesti di critica sociale (!). Poi avoglia a provare a spiegare che Hunger Games è obiettivamente una merda, una copia mal riuscita e nonostante questo pretenziosa in maniera imbarazzante di Battle Royale, o che un'intera trilogia sullo Hobbit sia una cosa del tutto ingiustificata che al massimo potresti guardarla su Sky quando finisce se proprio hai voglia. Niente. Sono capaci di dirti che ok, il primo Hobbit magari era un po' noioso e forse il secondo era troppo di transizione verso la fine della storia, e magari lo sanno anche che 9 ore di film (almeno) a fronte di un libro di sicuramente meno di 400 pagine sono tante, troppe, però io comunque lo vado a vedere al cinema. E non è giusto che questi film non vincano mai nessun oscar, sono bei film! Eh, ma li hai visti gli altri candidati? Eh, no, avevo calcetto. 7 giorni su 7, capito?