giovedì 9 ottobre 2014

I mort d'i sald (trad: maledetto danaro)

Prima di tutto, leggetevi quest'articolo, poi continuiamo.
Diciamo che ho colto al balzo la palla offerta da quest'intervista per scrivere questo post, che stavo covando da un po' ma non ho mai trovato il tempo la voglia di scrivere.

Non voglio fare un post a punti, però vediamo di procedere a pari passo con l'intervista.
Primo punto che mi "insospettisce" (in mancanza di termine migliore) è il fatto che questo qui rappresenti così tanti autori importanti e faccia delle dichiarazioni contro un fenomeno nuovo che intralcia la strada in discesa di chi c'era già mi riporta sempre troppo velocemente alla mente le parole "status quo". Mi ricorda molto il fenomeno dell'industria discografica per il quale si intervistano i capoccia delle major che si lamentano che l'industria sta pian piano marcendo, mentre loro hanno comunque sotto contratto i One Direction, Lady Gaga, Springsteen e compagnia e riescono comunque a tirar su cifre a sette zeri, mentre quelle che soccombono sono le etichette indipendenti, che fanno sempre più la fame e che però non si incula nessuno. Se avessi voluto una testimonianza sulla decadenza dell'industria sarei andato a sentire un qualche editore più piccolo che a fatica riesce a pagare l'autore, non l'agente di Kundera e Roth. Di questa storia dello status quo ne torniamo a parlare, comunque.

La crociata degli editori contro amazon. È giusta, secondo me. Sono sempre stato d'accordo col supportare chi va contro il monopolio, per quanto amazon abbia una marea di lati positivi dai quale difficilmente mi separerei. Però io lo sono per un motivo diverso. Wylie tiene il lato degli editori che, a suo dire, guadagnano meno (anche se, per capire bene di cosa si sta parlando, preferirei un articolo con cifre, nomi e date), io tengo il lato di chi grazie agli editori campa, le librerie. Il fatto che un sito riesca a vendere a costi molto più bassi di quanto riuscirebbero mai a fare le librerie non mi piace. C'è anche da dire, però, che c'è anche il rovescio della medaglia: ricordo benissimo le discussioni che impazzarono quando, qualche anno fa, uscì la cosiddetta legge "anti-amazon" in Italia, che cercava proprio di prevenire questo spiacevole fenomeno che vi ho appena descritto. Praticamente stabiliva che sui libri non si poteva fare uno sconto maggiore del 25%. In genere le lamentele che si facevano a quella legge erano due:
1) Ma se qualcuno ha la possibilità di vendere, faccio per dire, Unastoria di Gipi a 10€ invece che a 18, perché non glielo si dovrebbe permettere? No, perché io ci risparmio non poco.
2) In questo modo si favoriscono di tantissimo le grandi catene tipo la Feltrinelli, che di sconti possono farne quanti ne vogliono.
E poi nell'articolo di Repubblica il tipo arriva a incensare le Feltrinelli come un modello probabilmente vincente di business per gli editori. Il problema è, anche in questo caso, che non si considerano i piccoli negozi, che comunque con una Feltrinelli in città mica fioriscono, anzi.

Comunque qui si continua a girare attorno al vero e unico problema. I LIBRI COSTANO ASSAI.
E così come i libri anche i fumetti, e così come i fumetti anche le riviste che non hanno dietro chissà che colosso editoriale che riesca a tenerne basso il prezzo di copertina, anche attraverso 150 pagine di pubblicità: a fronte di un Ciak e di un IL, ci sono dieci Rumore.
I libri costano assai, a prescindere da quello che dice Michele Foschini sul blog della Bao. Ci credo, eh, non è che non ci credo, però comunque il prezzo è troppo alto. E se è alto per dei libri a fumetti, che hanno anche dei costi di stampa molto alti per la presenza del colore, le pagine più grandi e tutto il resto, è ancor più vero per i libri.
A tal proposito, l'esempio dell'iniziativa della Penguin. È molto bello, è molto sull'onda "give back the power to the people", è molto diciamo protettivo nei confronti delle piccole librerie - da notare come, salvo poche eccezioni, gli editori siano spesso a favore dei grandi punti vendita e gli autori siano a favore delle piccole librerie, che mi pare abbastanza interessante -, però, se il libro costa tanto, io che incentivo avrei di comprarlo a prezzo pieno, fosse anche in libreria, invece di prenderlo scontato da amazon? Anche perché, tutto considerato, quest'iniziativa mi sembra semplicemente il seguire quello che si fa da decenni: ordini un libro e dopo qualche giorno ti arriva in libreria. E non si può manco più puntare sul fatto che così puoi ordinare da casa, perché ormai qualsiasi esercizio commerciale ha una pagina facebook sulla quale puoi scrivere e chi di dovere ti tiene da parte il nuovo della Allende, uno dei libri per l'esame x o un etto di crudo in offerta. Certo, ci sono delle differenze, nel senso che in questo caso il libro 1) ti arriva e 2) ti arriva in tempi ragionevoli, ma a parte quello? Poco, mi sembra.
Il paragone tra quello che amazon ha fatto per l'industria libraria e quello che la Apple e iTunes hanno fatto per il mercato discografico non ha semplicemente senso. Punto e basta. Da qualsiasi punto la si guardi è falsa, sbagliata e denota anche una certa chiusura mentale e incapacità di giudicare i fenomeni su quelle che sono le nuove regole del mercato e i nuovi standard di giudizio.

Poi c'è la questione, moooolto interessante, di amazon come editore. Wylie (nome, comunque, che una volta scritto questo post e chiusa la scheda con l'intervista dimenticherò vita natural durante) dice che il massimo a cui amazon possa ambire sono, cito testualmente perché è un'espressione bellissima, «i semianalfabeti convinti di essere dei geni». Novantadue minuti d'applausi. Seguendo il ragionamento che fa nell'articolo, effettivamente, si fatica a dargli torto, pare avere proprio ragione. Io però starei attento a sottovalutare la cosa. Se amazon dovesse continuare ad essere un protagonista così importante del mercato, non solo di quello librario, riusciamo davvero ad escludere categoricamente che questi semianalfabeti convinti di essere dei geni non diventino un fenomeno editoriale e facciano un notevole volume di vendite? Non lo so, io non ci riesco così a cuor leggero. D'altra parte, di esempi di questo genere, in particolare qui da noi, ne siamo pieni: quanti blog abbiamo visto riscuotere un buon successo e subito una qualche casa editrice gli propone di scrivere un libro? Per dirlo in altri termini e usando un altro paragone: quanti youtuber abbiamo visto fare qualche centinaio di migliaia di visualizzazioni e subito finire al cinema con risultati che, quando non ispirano pena, ispirano compassione? Almeno una mano la riusciamo a riempire, ed è un fenomeno molto recente, quindi tutto lascia pensare che la casistica aumenterà. Non sono tutti Zerocalcare. E poi, a parte il fenomeno dell'abbassamento degli standard, c'è anche da considerare l'altra parte della medaglia: e se Wylie si sbagliasse? E se amazon riuscisse effettivamente a pubblicare autonomamente un paio di autori molto grossi e molto importanti? Perché va bene che moltissimi autori importanti sono apertamente schierati dalla parte dei piccoli, però i soldi so' comunque soldi. Se dovesse succedere questo, e amazon passasse non solo a dare un anticipo agli autori, ma anche a dar loro una piccola percentuale sui mastodontici profitti che possono generare? A quel punto un effetto valanga sarebbe molto probabile, e a quel punto veramente gli editori piangerebbero lacrime amare. E sarebbe un ennesimo caso in cui un'industria vecchia non riesce ad affrontare le nuove sfide portate da internet.


Infine, la questione ebook. Il tipo dice che lui quando fa i viaggi intercontinentali si porta sempre dietro due libroni e non ha mai avuto problemi, e noi non abbiamo motivo di metterlo in dubbio. Però vuoi mettere a farti un viaggio col kindle? No, perché io andai a Londra mentre ero nel pieno della lettura di Infinite Jest e portarsi dietro un bambino di 1400 pagine non è che sia proprio un amore di esperienza. Col kindle quando ti sei stancato di leggere il mattone puoi leggerti un hentai senza dover aprire la valigia. Vuoi mettere il vantaggio?
Poi c'è anche un altro punto sensibile, relativamente agli ebook. Questi sarebbero una grande cosa se veramente si potessero sfruttare le potenzialità del mezzo, ma a me pare che gli editori pensino che gli ebook li comprino solo le persone che non hanno spazio per prendere il cartaceo, e spesso li fanno costare tanto quanto il cartaceo, o quasi. Cioè, se uno vuole leggere titoloacasodelsuccessodelmomentosucuihaideidubbi mi spieghi quale ragionamento mi dovrebbe far preferire a 19€ di cartaceo 17€ di ebook? E grazie al cazzo che scelgo il cartaceo. Se è quello il motivo per il quale la carta resterà sempre compagna fedele della nostra vita, mi sa che siete un attimo fuori strada. E soprattutto, dal punto di vista dell'editore, con l'ebook tu guadagni pulito, non dovendo affrontare altra spesa che quella dell'impaginazione digitale. Gli editori dovrebbero sponsorizzare l'ebook, visto che ci guadagnano di più perché hanno meno spese da coprire. Però porco dio, non potete farmi pagare un ebook 15€. Cioè, io il kindle non l'ho preso per scaricare i libri piratati. E non l'ho manco preso per approfittare dell'offerta eccezionale della Newton Compton che ti mette tutti i romanzi di Sherlock Holmes a 3€. Non dico di far pagare tutti gli ebook 3€, macheccazzo neanche 15.
E poi il discorso sugli ebook mi riporta sempre, ogni volta, alla mente il discorso sullo status quo che avevo iniziato prima. Premesso che, se dovessero arrivare degli studi che provano seriamente quanto stia dicendo Wyles sulla superficialità della lettura di ebook rispetto alla profondità e organicità di una lettura cartacea, dovrei solo star zitto, anche perché è già un periodo che penso che l'uso del cellulare/tablet o comunque l'esposizione prolungata ad uno schermo che emette luce abbia effettivamente effetti deleteri sull'attenzione. Però il discorso alla base è molto, molto, molto, molto stupido. Più che altro la storia ha dimostrato che quest'approccio è sbagliato. Cioè. Agli occhi di chi detiene "il potere" in un campo artistico, ogni nuovo mezzo di diffusione/riproduzione dell'opera d'arte è una cosa che abbassa il livello in cui la suddetta arte era prima. Adesso è l'ebook che ammazza il libro, prima era l'edizione tascabile che uccideva l'anima del libro e il mercato librario. In un altro ambito: l'avvento della fotografia avrebbe ammazzato la pittura, salvo poi l'arrivo di gente come la Arbus o Mapplethorpe che ha fatto ricredere chiunque. In un altro ambito: il cinema ammazza il teatro e non è nient'altro che un passatempo frugale e volgare, salvo poi l'arrivo di gente come Kubrick o Bergman. In un altro ambito: la televisione ammazza il cinema, salvo poi l'arrivo dei Sopranos, di Seinfeld, di Breaking Bad. In un altro ambito: il disco ammazza la musica, salvo poi l'arrivo del rock. Il cd ammazza il vinile, salvo poi l'arrivo di gente come Tool e Wu-Tang Clan.


Poi, ripeto, io non ho studiato economia, ci mancherebbe, però ecco, credo che se un bene popolare come il libro lo metti ad un prezzo accessibile a chiunque (perché non tutti possono spendere 20€ per 300 pagine di un libro che magari non è manco tanto bello), è più facile che la percentuale di gente che negli ultimi 12 mesi non ne ha letto manco uno diminuisca un attimo dal 52%. Ipotesi mia, eh, non sto vendendo nessuna verità, però mi sembra abbastanza plausibile, soprattutto in tempi come questi in cui la gente non c'ha una lira manco a pagarla e ci si lamenta sempre della pirateria.