lunedì 28 dicembre 2015

A casa o in discoteca?

Ok, eccoci qua.
Veniamo dall'ennesimo anno in cui le classifiche escono un mese prima della fine dell'anno perché vogliamo avere un ruolo nei regali di natale invece che nella ricerca della buona musica, e questa tendenza è così radicata che neanche il disco di D'Angelo dell'anno scorso l'ha scalfita. Poveri noi.
Entriamo nel vivo, però.
Come strutturerò la classifica quest'anno? Come vi avevo spoilerato con questo post, per me nel 2015 ci sono stati diversi dischi eccezionali, non di quelli che semplicemente vanno alla numero 1 della classifica di fine anno, ma di quelli che ti ricordi anche tra 20/30 anni. Quindi facciamo così: in primis vanno questi sette dischi qui (in ordine puramente alfabetico, non ci sono preferenze), poi ci metto un disco "di transizione", un disco che mi è piaciuto in una maniera malsana e che è meglio di quelli che vengono dopo ma, ahimé, non all'altezza dei magnifici sette, e poi dopo vado con tre top five: pop, elettronica e italiani. Sì, quest'anno ho ascoltato parecchi italiani. Starò invecchiando, boh.
'Nnamo, va'.

THE MAGNIFICENT 7

Godspeed You! Black Emperor - 'Asunder, Sweet and Other Distress'
Questa volta non hanno fatto un disco solo "buono". Questa volta hanno fatto un disco incredibile. Due tracce superbe e un contorno di drone da acquolina. Ne voglio ancora.
Piss Crowns Are Trembled è un patrimonio dell'umanità. E pensate che c'è gente che non li ascolta. E pensate, addirittura, che c'è gente che non li ascolta solo perché "le canzoni durano troppo, dai". Criminali.

Joanna Newsom - Divers
Quando si è saputo che sarebbe uscito, ero contento e lo aspettavo, ma non ero entusiasta alla follia. D'altronde, dopo Have One on Me che cosa poteva più fare? Il massimo l'aveva già dato. Poi ci fa ascoltare, dall'alto della sua bontà, Sapokanikan (tra l'altro alla regia del video c'è Paul Thomas Anderson, mica l'ultimo merdoso), e allora eccolo lì l'entusiasmo, ecco dov'era andato a finire. Il disco è diverso dagli altri, è più scarno, con più strumenti tradizionali, ma le canzoni sono mostruose. E Sapokanikan, con quell'impennata dopo la metà, non è neanche la canzone migliore. Aliena.

Kamasi Washington - The Epic
Titolo programmatico. Il post sul suo concerto è sopra. La qualità è non solo altissima, ma è anche tantissima. Kamasi, non avere pietà di noi.
Piccolo aneddoto. Ricordo che lui lo scoprii perché FlyLo aveva tweetato il "primo singolo", Re Run Home, tipo uno o due mesi prima che l'album uscisse. Scaricai la traccia, e la prima reazione alla durata di 14 minuti fu "cacchio, una roba jazz di 14 minuti sarà tosta", sperando che fosse magari una cosa tipo i Bohren & der Club of Gore che la giustificasse, ma la vedevo difficile visto il negrone con sax in copertina. Metto play, e l'ultima cosa che ricordo è il pensiero alla fine "ma già è finita?".

Kendrick Lamar - To Pimp a Butterfly
Se avessi messo questi dischi in ordine di preferenza, questo forse sarebbe stato primo. È un disco epocale. È un disco hip hop tipico di artisti hip hop che non hanno tutto questo successo. È anarchico, è incredibilmente impegnato, è denso, è lunghissimo, è ustionante, è eccezionale. Kendrick Lamar è un mostro. Non sarò americano, ma se qualcuno vi dovesse dire che il miglior rapper al mondo in questo momento non è lui, non credetegli. Oh poi chiaro, questo non è un disco SOLO per chi ascolta hip hop, anzi. Fun fact: ci ha lavorato il Kamasi Washington di cui sopra, quindi fatelo vostro.

Oneohtrix Point Never - Garden of Delete
Partendo dal presupposto che lui deve essere un malato di mente, se avete ascoltato i suoi dischi precedenti, potrete essere d'accordo nel dire che questo è il suo disco pop, facendo con le mani il gesto delle virgolette tutte le volte che volete. Sarà per questo motivo, ma, mentre i dischi precedenti non mi appassionavano, non mi prendevano (pur riconoscendone il valore), questo invece mi piace un casino.

Sufjan Stevens - Carrie & Lowell
Di un'intimità straziante, di una raffinatezza straordinaria. Ma l'ultima non dovrebbe sorprendere più di tanto, visto il nome sulla copertina. Fa quasi male ascoltare un disco con testi così personali, ma la durata breve, brevissima, rende tutto non solo accettabile, ma adorabile. Nel senso che questo disco potrebbe essere tranquillamente un oggetto di culto, per quant'è bello.

Tame Impala - Currents
Non trovo tante parole: un cambiamento di suono così radicale non dovrebbe portare risultati così alti. Sinceramente mi frega abbastanza poco dei risvolti autobiografici dei testi di Kevin Parker, quando riesce a creare un suono del genere. Ripeto: non trovo tante parole.

La transizione è affidata a

George Fitzgerald - Fading Love
Avete presente quell'elettronica particolare molto "emozionale" e molto poco "robotica"? Per capirci, i vari Nicolas Jaar, Jon Hopkins, quelli lì? Capito? Bene, lui ci rientra a pieno. O almeno, ci rientra per me. Aggiungeteci della gente che canta (con moderazione), e avete un disco che ho veramente amato e che non penso metterò via molto presto.

Ok, andiamo con le tre top five. Prima il pop.

Courtney Barnett - Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit
La cosa stupefacente è che sia un disco d'esordio. È rock spensierato fatto in maniera invidiabile da una ragazzetta al primo disco, quando molt(issim)a gente ben più blasonata e celebrata non ci riesce dopo anni di carriera. Per l'approccio e per, come posso dire, l'atmosfera delle canzoni (non è il termine giusto, ma passatemelo), all'inizio pensi "ullalà, lei è i nuovi Pavement", poi al secondo ascolto pensi "oh cazzo, i Blur". Poi dal terzo ascolto pensi solo al fatto che questo disco sarà meglio averlo originale, se si vuol essere al passo coi tempi. Anche perché la copertina sarà anche bruttarella, ma il titolo è da standing ovation.

Julia Holters - Have You in My Wilderness
Ecco, lei è quella che pensavo avrebbe sostituito Joanna tutta panna nelle mie grazie. Have You in My Wilderness va da quelle parti, con archi, fiati e strumenti un po' desueti che non andranno a creare canzoni pop, ma che urlano "pop" ad ogni nota. È chiaro che non è Joanna, e ci mancherebbe altro, però un disco così non riesce se non hai qualcosa di speciale, e lei evidentemente questo qualcosa sa cos'è e lo usa davvero bene.

Beach House - Depression Cherry
Loro li conoscete. Hanno tirato fuori un discone. E io il vinile in velluto me lo comprerò, prima o poi.

Kurt Vile - b'lieve i'm goin down...
Vedi sopra. Tutti lo lodano e lungi da me criticarlo, ma i suoi dischi precedenti non mi avevano mai appassionato. Questo invece sì, ed è un bell'appassionarsi.

Chelsea Wolfe - Abyss
Non dico poliedrica, perché quello lo si riserva alla grande madre Polly Jean, però lei continua a variare le soluzioni rimanendo sempre nel suo territorio e, soprattutto, continuando a fare belle canzoni. Come faccia, francamente, non lo so. Però ne godiamo tutti.

Prima dell'elettronica, lode ai Wilco che non è meglio dei 5 qui sopra, ma è bello per davvero, ma bello bello. Ok, ora l'elettronica.

Jlin - Dark Energy
Boh, è solo davvero ma davvero bello.

Holly Herndon - Platform
Ecco, questo è un caso un po' diverso. Il disco fa anche muovere il culetto, a ben vedere, ma è glaciale. Algido. Lei è totalmente distaccata e il ballare con la sua musica è anche una sorta di sfida. Tant'è che prende anche per il culo i video ASMR con la traccia Lonely at the Top. Inavvicinabile. Ci sono molte persone che l'hanno giustamente definita (come succede ciclicamente, per altro) il pop del futuro. Da una parte darei loro ragione, dall'altra spero proprio che si sbaglino. Però nel frattempo ha tirato fuori un disco che non è avanti, è proprio fuori. Applausi, tra l'altro, alla 4AD per aver pubblicato una cosa simile.

Nick Höppner - Folk
Semplicemente un gran disco techno del 2015.

DJ Koze - DJ Kicks
Premesso che mi sono sorpreso anche quando ho visto per la prima volta la faccia di DJ Koze sulla copertina e ho scoperto che è anche apparentemente un bell'uomo, a me lui è sempre piaciuto. I dubbi su una sua resa live, soprattutto in un djset, però, erano palpabili, e a questi dubbi lui ha giustamente risposto rielaborando le tracce o prendendo rielaborazioni molto vicine al suo stile (tipo quella dei cLOUDDEAD rifatta dai Boards of Canada). E quindi eccoci qua, uno dei dischi dell'anno.

Jamie XX - In Colour
Questo disco ha soltanto un difetto: la canzone I Know There's Gonna Be (Good Times). Lo so che è stata fatta per completare la tavolozza del disco, e che tra l'altro è stata fatta estremamente bene. Però cristo santo, non la sopporto. Se non ci fosse stata, credo che il disco avrebbe avuto un'identità molto più precisa e sarebbe rimasto molto più in mente. Comunque ci sono canzoni che sono veramente portentose. Peccato per quella roba là.
Anche se "i'm gonna ride that pussy like a stroller" è obiettivamente poesia.

Va bene. Ora gli italiani. Non ne sono felice, credetemi. Lo snob che è in me sta piangendo e urlando preso da una disperazione incontrastabile.

Colapesce - Egomostro
Se dicessi che l'ho cominciato ad ascoltare per un motivo altro dal fatto che La distanza mi è piaciuto veramente tanto, sarei un bugiardo. Anche perché il farmi ascoltare un cantautore in un altro modo è un'impresa fantascientifica. Il problema è che Colapesce ha gusto, e ha ascolti colti abbastanza da fargli trovare quelle piccole soluzioni raffinatissime che quasi non ti sembra di ascoltare un italiano. I testi non mi fanno per nulla impazzire, però nessuno è perfetto, e d'altra parte il problema dei cantautori non è certo nei testi.

IOSONOUNCANE - Die
Pure questo tanto bene non deve stare. Comunque dai, di lui hanno parlato tutti, non c'è bisogno del mio spiegone.

Luminal - Acqua azzurra, Totò Riina
Desolanti come sempre, aggressivi come sempre. Una sicurezza. Che però non sei sicuro di volere.

Carmen Consoli - L'abitudine di tornare
E meno male che è tornata. Non sarà al suo meglio, siamo d'accordo, ma quando decide di scrivere lei dobbiamo stare tutti zitti. Mi fanno ridere i maledetti cantautori che vogliono raccontare storie e fare gli intellettuali con le chitarrine acustiche quando poi c'è lei che prende l'elettrica e ti scrive La signora del quinto piano.

Kaos - Coup de grace
Questa è pura preferenza personale momentanea nei confronti dei Verdena. I Verdena hanno fatto un bellissimo disco, anzi due. È solo che è un periodo che Kaos mi scomfinfera di più. Poi questo è quasi un EP, e io amo le cose brevi.

Avrei voluto mettere delle belle grafiche come quelle che misi l'anno scorso, ma Last.fm ha avuto la bella idea di cambiare versione e le API sono praticamente inutilizzabili. Quindi niente, metterò il 5x5, l'unica che pare essere ancora utilizzabile (qui la potete vedere in dimensioni giganti).


Nel 2016 prometto di cambiare il layout del blog, visto che si lamentano sempre tutti del fatto che finito di leggere un pippone hanno gli occhi annodati, e magari vedo di rimettere un'immagine di intestazione e di sembrare meno giudeo.
And that's pretty much all, folks!

domenica 13 dicembre 2015

Kamasi, da L.A. con furore

È da qualche g̶i̶o̶r̶n̶o̶ settimana che penso a che grande anno sia stato per me, musicalmente, il 2015. Lascio ai posteri i confronti con i vari 1967, '71 o '94, ma di dischi da ricordare per me ce ne sono stati tantissimi, anche di generi non per forza vicini ai gusti di tutti.
Pensateci: i Tame Impala hanno giocato quello che potrebbe essere il loro miglior disco; il disco di Sufjan Stevens è da considerare nella categoria per diritto di nascita, e comunque è eccezionale; stesso discorso per i GY!BE e Joanna, e nonostante non mi abbia mai appassionato, il discorso è valido anche per quel malato di mente di Oneohtrix Point Never; Kendrick Lamar potrebbe anche lui aver fatto il disco della vita, ma non mi sorprenderei se riuscisse anche a fare meglio di così. E poi c'è stato Kamasi Washington, che ha fatto una cosa anche più aliena di Garden of Delete: dati i passati e la psiche disturbata, da Lopatin una cosa così te l'aspetti. Ma chi ti tira fuori (e date peso ad ognuno dei complementi seguenti) all'esordio un disco triplo di tre ore di durata nel 2015?
E da qui deriva il concetto di "concerto dell'anno". Chiaro che ognuno ha il suo e ognuno ha il criterio per scegliere il suo. Io stesso solo quest'estate ho visto GY!BE, James Blake e Sun Kil Moon, concerti che variano da "bellissimo" a "esperienza mistica", ma ce ne sono alcuni che si inseriscono esattamente nel flusso dello zeitgeist e dire "ah sì, io c'ero, a quel concerto lì" ha tutto un altro valore.
E questo era il caso.
Non sono un frequentatore abituale di concerti jazz (anzi. Se ne vedo uno all'anno è grasso che cola), ma in un certo senso so cosa aspettarmi. Non avevo però considerato il fattore "furia". Perché è questo che si è percepito durante Change of the Guard all'apertura, o durante GLI assoli di batteria prima di The Magnificent 7, o durante il penultimo pezzo di cui non ricordo il titolo. Oddio, ad essere onesti il delirio c'è stato praticamente in ogni canzone, ma in questi tre casi hanno veramente esagerato. Addirittura anche in Henrietta Our Hero, e ci stava benissimo.
Nonostante tutto il casino di gente che c'era - cosa che mi ha lasciato molto sorpreso, visto il tipo di musica di cui si sta parlando - il buon Kamasi ha cercato in ogni modo di rendere il live più intimo possibile. Parlando frequentemente col pubblico, parlando della Henrietta del titolo della canzone (la nonna, per chi se lo stesse chiedendo), addirittura facendo la carrambata e portando sul palco suo padre - rivelatosi, senza alcuna sorpresa, un musicista coi controcoglioni (per riferimenti, quello col flauto nella prima foto). Oppure facendo un pezzo del suo bassista, una ballata superlenta iniziata in solitaria e a cui si sono aggiunti dopo un bel po' Kamasi e gli altri. Ma niente da fare. Se penso ad una cosa intima, non è questa la musica che mi viene in mente. Quando cominciavano a fare sul serio la gente sorrideva di gusto e gioiva, quindi non era proprio una cosa intima, era più che altro una festa. Addirittura ti ha fatto apprezzare un assolo di keytar, roba da pazzi. Ci fosse stato solo un palco più grande la cosa sarebbe potuta essere eccezionale anche dal punto di vista visivo ma vabbé, già stavamo stipati come sardine, non mi sembra il caso di fare troppo gli schizzinosi, diciamo che va bene così.
L'unica nota di disappunto è data dalla gestione del locale, che mi ha dovuto far perdere verosimilmente l'ultima canzone per prendere la metro, visto che hanno voluto far cominciare alle 11 un concerto di mercoledì. Bravi.
Ma ciò nonostante, è stata una gran serata.
E io c'ero.