giovedì 5 giugno 2014
You gotta love sports
Purtroppo noi in Italia abbiamo dei grandi problemi per quanto concerne lo sport. Uno di questi è la pigrizia mentale che ci ha sempre contraddistinto: oggi riflettevo che il primo disco dei Moderat è uscito nel 2009 e qui da noi A New Error è diventata minimamente conosciuta solo ora. E per colpa di uno spot, mi dicono quello dell'Enel. Giusto per fare un esempio.
Per entrare nello specifico sportivo, la preponderanza culturale del calcio in Italia ha fatto sì che, mantenendo i tg sportivi e non il piano dell'attenzione solo su di lui, non ci si interessasse di altro. Anzi, riformulo meglio, ha fatto sì che si pensasse che nient'altro meritasse più di tanto attenzione. Chiaro che le vittorie e le eccellenze in altri campi erano sempre celermente celebrate, d'altra parte la fama della Cagnotto e della Pellegrini e della squadra di scherma non si spiegherebbero altrimenti, così come le 3 tenniste arrivate ai piani alti del ranking mondiale. Però, per spiegare bene come lo sportivo medio italiano sia appiattito (e incuriosito, quindi) culturalmente sul calcio, basta citare il fatto che l'evento più seguito delle Olimpiadi sono le finali di corsa di 100 e 200 metri. Ok che sono le più seguite worldwide, però è curioso il fatto che lo siano anche in Italia, dove lo sport individuale è sì forte e radicato, ma non nelle masse. La corsa dura 10, massimo 30 secondi ed è finita, si gioisce subito e poi ci si ricorda di Bolt solo quando c'è un'altra competizione trasmessa dalla Rai o quando viene eliminato da qualche parte del mondo. Secondo me, questo è paradigmatico. Inoltre, si aggiunga come ho sentito diverse persone dire, seriamente, senza un sorriso sardonico sul volto mentre pronunciavano le loro parole, che per i più grandi atleti del mondo si poteva anche non andare oltre Ibrahimovic o Cristiano Ronaldo. Se non vi viene da ridere, mi dispiace.
L'altro grande problema è che gli anni '70 sono rimasti sotto la pelle dell'intellighenzia molto più e molto peggio di quanto sarebbe salutare. Il problema è che c'è una buona frangia della popolazione che vede lo sport in malo modo, quasi fosse il corrispettivo non cinematografico dei cinepanettoni. Ed è fondamentalmente questo il motivo per il quale la dimensione sportiva da noi si è appiattita nell'attualità, e le persone come Buffa (che al calcio è solo prestato, è bene ricordarlo), che cercano nello sport la dimensione personale e collettiva dietro il mero atto sportivo, sono così rare. Anzi, a parte lui non ci sono proprio. Da un lato è anche fisiologico che ci sia quest'opinione. Se il calcio è l'unica cosa che interessa buona parte della popolazione, e si è arrivati che il calcio, stando a quanto testimoniato sempre da Buffa, è un vettore notevole di voti elettorali, è anche giusto pensarla così. Poi, certo, bisognerebbe chiedere a queste persone da quando la massa generica ha interessi "alti", "nobili" e tutto il resto, visto che storicamente non mi risulta una cosa così frequente. Ma comunque. Sono convinto che, se aveste visto uno speciale di Buffa Racconta, che sia sul basket o sul calcio poco importa, ma anche solo una delle storie che racconta in radio, in particolare per la serie When We Were Kings, probabilmente non fareste parte di questa folkloristica, antiquata e voglio-essere-elitarista-a-tutti-i-costi-e-poi-magari-mi-dichiaro-comunista schiera.
La bruttura che queste cose hanno portato è che in questi giorni non si parla di quello che è sicuramente uno dei 3 più grandi eventi sportivi del mondo, ovverosia le NBA Finals.
In particolare quest'anno, dopo il primo turno più elettrizzante di sempre, probabilmente, e dopo che si sono viste cose come il buzzer beater di Vince Carter, il veramente chi era costui Troy Daniels che vince la partita quando poi la serie te la vince questa cosa qui del Damiano Lillardo, i Clippers che prima vincono contro i Warriors del praticamente predestinato Curry nonostante l'affare Sterling e poi la serie contro i Thunder, con un finale di partita come questo e una difesa, oddio una difesa, una serie veramente commovente di Chris Paul che qui difende contro Durant in una maniera che a scuola non insegni perché l'onnipotenza o ce l'hai o non ce l'hai, una Memphis che vien difficile non tifare, un pubblico di Toronto che fa andare a gara 7 gli immarcescibili Pierce e Garnett e, ultimi ma assolutamente non ultimi, gli Indiana Pacers, su cui non mi dilungo perché poi non la si finisce più. E poi la serie degli Spurs contro i Thunder, probabilmente la serie più bella di tutti i Playoff finora, in cui solo quelli che Zach Lowe ha definito Spursgasm sono riusciti ad avere la meglio su Russel Westbrook e tutti gli altri, che se avessero vinto la serie avrebbero tranquillamente avuto il potere di far cambiare nome alla manifestazione e farla chiamare Westbrook Conference Finals.
Io aspetto l'evento come un bimbo aspetta la mattina di Natale, come un monaco buddista aspetta l'illuminazione ed il Nirvana. E non perché le Finals sono l'evento sportivo più bello da seguire che ci sia, per me. Il motivo sta proprio nei motivi snobbati dalla gran parte dei media italici: le storie che ci sono dietro. E sono storie vere, mica le 32 stelle sul campo.
Prendiamo gli Spurs: se dovessero vincere, vincerebbero un titolo dopo sei stagioni dall'ultima volta con lo stesso identico nucleo di giocatori, e una cosa del genere penso che sia riuscita solo ai Celtics di Russel e Auerbach - ma grazie al cazzo, quelli vincevano ogni anno, ci mancherebbe. Quindi fondamentalmente sarebbe l'unica squadra di umani capace di farlo, finora. E per "finora", intendo da qui a un bel po' di tempo. E poi, oh, gli Spurs sono troppo vecchi, mica ci arrivano fino in fondo! Duncan, se vincesse quest'anno, vincerebbe il 5° titolo, gli stessi di Kobe, gli stessi di Magic. Cose da poco, no? Poi, ciò non toglie che sia uno dei giocatori più grandi di tutti i tempi, roba da top 10 o, massimo, top 15 di sempre. E poi, sempre per rimanere sul fattore vecchiaia, sai che goduria sarebbe per R. C. Buford, che ha vinto solo un premio di Executive of the Year ed è riuscito a tenere sempre (ok, il merito non è solo e soltanto suo, ma capiamo bene come il merito sia anche suo, no?), e dico SEMPRE, la squadra sopra le 50 vittorie da quando è arrivato Duncan. Si parla di 17 stagioni. D I C I A S S E T T E. E, come ho detto prima, questo qui vincerebbe un titolo dopo sei stagioni dall'ultimo titolo. Poi, parliamoci chiaro, andare in finale due volte dopo, rispettivamente, cinque e sei anni dall'ultima volta comunque lo metterebbe in una posizione mica male, ma vincere il titolo, ovviamente, ha tutt'altro sapore.
Giriamo invece la moneta sul lato di LeBron (Miami Heat? Qualcuno ha detto Miami Heat?): fino a pochi anni fa era un perdente, era quello a cui, se prestavi un dollaro, ti restituiva 75 cents perché "he's lacking a quarter", era quello che per vincere è dovuto emigrare altrove e lasciare la sua città e squadra del cuore (e ora sono tutti dalla parte di Kevin Love o tutti hanno visto come cosa normale il trasferimento di Melo o di Howard, fatti salvi i rispettivi drama). Ora sta andando a vincere il terzo titolo in tre anni. Anzi, guardando meglio, potrebbe vincere il terzo titolo in tre anni, ma comunque è andato in finale quattro volte negli ultimi quattro anni. A chi è che è successo? Sono pochini, roba che nelle dita di una mano ci stanno larghi. Adesso, LBJ è considerato il più forte giocatore del mondo, anzi, È il più forte giocatore del mondo, credo e spero senza obiezioni di sorta. Di più, è l'atleta più grande del mondo, nonostante Westbrook. È l'atleta più grande del mondo sia per le capacità, appunto, atletiche, perché andare a quella velocità trasportandosi dietro 115 chili di muscoli a 2.03 metri d'altezza me lo dite voi chi è che lo sa fare oltre a lui, e poi perché a questo dovete unire il fatto che è sicuramente il giocatore più completo della storia del gioco, e raggiunge livelli d'eccellenza assoluta non solo nel segnare, ma anche nel passaggio, nel rimbalzo, nella visione di gioco e, non ultimo, nella difesa, anche se quest'anno sta un po' prendendosi le ferie non annunciate e non gradite come Don Draper nella seconda o terza stagione di quel capolavoro di Mad Men. E poi, nel 2014 se l'Inter ha fatto il triplete, lui ha fatto il suo quadruplete: MVP, titolo NBA, MVP delle finali e oro olimpico. Ovviamente, atleta dell'anno per Sports Illustrated, che qualcosina la sa.
Inoltre, giusto per dire qualcosa a chi ancora pensa che LeBron non sia questo e non sia quello, mi dite chi è che, dopo Jordan, è stato capace di rendere la sua squadra la favorita per il titolo anche solo per il fatto che quella sia la sua squadra? Perché, onestamente, togliete LeBron e venitemi a dire che quest'anno Miami ha UNA possibilità di vincere contro questi Spurs. Non ci crede manco Pat Riley. Se LBJ non è il Jordan di questa generazione (non meglio di Jordan, ma il nostro Jordan), allora non c'è nessun Jordan di questa generazione.
E poi, giusto per andare di record e statistiche, questa finale ha in campo il terzetto con più vittorie nella storia dei Playoff, e di questo terzetto Parker è il quindicesimo miglior realizzatore della storia dei Playoff, mentre Duncan è il quinto - e il terzo miglior rimbalzista. Miami, d'altra parte, ha uno che è l'8° miglior realizzatore dei Playoff con ancora almeno 5 o 6 anni di carriera davanti, e Wade è il 18°. Male? No, non male.
Ma soprattutto, questa è la rivincita delle finali dello scorso anno. C'eravate, lo scorso anno? Ve le ricordate le finali dello scorso anno? Ve lo ricordate Green, che sembrava essere l'incarnazione dell'alta percentuale da 3 punti e poi nelle gare decisive è stato, traslando dall'americano all'italiano, obliterato dal gioco in quello che sembra un'ovvio capriccio degli dei del basket? Ve lo ricordate Kawhi Leonard, salvatore assoluto della patria, capace di far bestemmiare LeBron al suo rientro in campo? Ve lo ricordate Battier, che praticamente risorge solo in gara 7 (IN GARA SETTE) dopo aver clamorosamente firmato assente nelle precedenti 6? Ve lo ricordate Tony Parker in gara 1? Ve lo ricordate cos'è stata la gara 6, a prescindere dal tiro di Allen? Ve lo ricordate il tiro di Ray Allen? Sì, ok, quello penso ve lo ricordiate. Ve lo ricordate Duncan alla fine di gara 7? Non avete pianto, quando avete visto Duncan fare quello che ha fatto? Io sì.
E non pensate a quanto sangue amaro abbiano in corpo tutti gli Spurs quando entreranno in campo per giocare questa serie? Se non siete gasati come la Coca con le Mentos, siete delle persone orrende. Pessime.
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