"Alle 8 rilasciano l'album, quindi se sono le 6 e 14 ho tempo per vedermi un filmetto, poi vado sul forum di Do You Realize? e vedo come scaricarlo/comprarlo, se si può in condizioni umane". E invece, puntuale come le mestruazioni quando vuoi scopare, il disco lo si poteva scaricare da ben prima delle 8. Ed era facilmente intuibile, è stato così anche per gli altri due, e squadra che vince non si cambia. Poi ho visto che un bel po' di gente giusta ne aveva già cominciato a parlare su twitter e sul suddetto forum, e quindi l'ansia ha cominciato a salire e, insieme a lei, pure la perplessità. Perché, vista la differenza nei suoni con Daydreaming ed il fatto che Burn the Witch uscirà in vinile, ero straconvinto che Burn the Witch non ci sarebbe stata nella tracklist definitiva. Invece c'è, ed invece è anche in apertura, subito prima di Daydreaming. Perplessità, si diceva, e quindi ho steso in fretta le lenzuola e, ancora un po' scosso e, diciamo, malinconico per la visione di Y tu mamá también, metto play. Visto il successo (?) del live-blogging dell'ultimo disco degli Horrors, ho pensato bene (???) di replicare con una sorta di maxi-tweet a canzone. So, here we go.
Burn the Witch: niente di nuovo, se n'è già parlato ovunque. Ribadisco solo la goduria quando sul finale prendono il palco i violini alla GY!BE.
Daydreaming: inizia come una traccia di Four Tet, che di per sé può essere un bene o un male nella stessa misura, visto The King of Limbs. Poi entra su il piano alla Radiohead e cambia tutto, e tutto per il meglio. Triste e trascinante come solo i Radiohead possono essere tristi e trascinanti contemporaneamente, con quegli inserti strani bellissimi. Il finale spiegatemelo voi perché sono senza parole. Sembra Viginti Tres senza essere Viginti Tres. "Capolavoro" si può dire?
Decks Dark: altro inizio alla Four Tet o alla Pantha du Prince. Che linea vocale che ha beccato Thom Occhibelli. E che roba quando entrano tutti gli altri. Sono loro e sembra roba di Amnesiac, o comunque di Kid A senza essere glaciali in quella maniera. "You gotta be kidding me, it was just a laugh". Non mi viene in mente qualcun altro che possa far evolvere una traccia in questo modo, pazzesco.
Desert Island Disk: addirittura la partenza con l'acustica. Praticamente quando si inseriscono gli altri strumenti insegnano ai giovincelli che i Pink Floyd* non sono intoccabili e anzi, andate a riascoltarveli che qui vi stiamo insegnando due cosette, ché a fare i neri sono bravi tutti, ma provate a fare 'sta cosa.
Ful Stop: OMFG. Provo a non esprimermi per acronimi: che pezzo, ragazzi. Dopo un po' ci sono le chitarre, da subito c'è il movimento; che è, la nuova 15 Steps?
Glass Eyes: ecco, questa potrebbe essere uscita da Kid A. Ballatone algido con testo personale.
Identikit: l'urlo di Selway terrorizza l'occidente. Finora le chitarre sono veramente al centro dell'attenzione, apparentemente in maniera molto maggiore rispetto ad In Rainbows (che è il vero termine di paragone, direi, accertata l'assenza di robe alla KoL - che a me non è dispiaciuto, eh).
The Numbers: l'unica canzone a non essere in ordine alfabetico. Qui la parte del leone la fanno gli inserti: il coretto, GLI ARCHI, madonna mia gli archi.
Present Tense: e 'sta chitarra che è? Che bomba è? Ha un che di latino, sembra la versione malinconica di una canzone dei Thievery Corporation o un pezzo preso dalla colonna sonora dei due Kill Bill. Entusiasmante già solo il primo minuto. Poi chiaramente migliora solo, ma d'altra parte che vi aspettavate?
Tinker Tailor Soldier Sailor Rich Man Poor Man Beggar Man Thief: giustamente, dopo una canzone tutta chitarra e lacrime (mie), quella successiva inizia col suono sintetico. Però vedi che sono stronzi? Tu dici, "ok, inizio elettronico, poi arriva il piano, arriva la voce, arriva la batteria, praticamente siamo dalle parti di Knives Out come suoni". E poi ti piazzano i violini che cominciano a incasinarti i sentimenti.
True Love Waits: dai, l'abbiamo sentita tutti questa. A momenti è più famosa di Paranoid Android. Però anche qui, vedi che una roba è ascoltare la versione demo e un'altra è ascoltarla con un master serio, registrata in studio con tutti i crismi? Bellissima.
*chiaramente escludete Syd Barrett.
In chiusura, pensate che al mondo c'è gente a cui non piacciono i Radiohead e siate tristi per loro.
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